La Nuova Sardegna

Oristano

La vecchia diga monumento all’incuria

di Maria Antonietta Cossu
La vecchia diga monumento all’incuria

Ula Tirso, uno dei luoghi più rappresentativi dell’archeologia industriale dell’Oristanese è in stato di desolante abbandono

11 dicembre 2014
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ULA TIRSO. Degrado e desolazione sono il biglietto di presentazione di uno dei monumenti più rappresentativi dell’archeologia industriale dell’Oristanese. Sulla diga di Santa Chiara e sul viadotto semissommersi dalle acque dell’Omodeo incuria e decadimento regnano incontrastati.

L’ex caserma dei carabinieri, per anni adibita a casa del custode, è stata ripetutamente presa di mira dai vandali, che l’hanno spogliata degli infissi e di alcune parti murarie e hanno demolito il caminetto. Lo stesso, desolante scenario si ripropone lungo il ponte sottostante il viadotto che collega i versanti del Guilcier e del Barigadu. La sede stradale è dissestata, la carreggiata è invasa dalle erbacce, i lampioni sono fatiscenti e i teppisti hanno inferto il colpo di grazia asportando i parapetti.

Una cartolina poco edificante per lavoratori pendolari, viaggiatori e visitatori, cui basta abbassare leggermente lo sguardo per osservare pure lo scempio ambientale che stanno producendo le innumerevoli discariche a cielo aperto.

Di questo insanabile malcostume si trovano vistose tracce sia sulla terraferma che sui fondali del lago, cosìcché ingombranti, eternit, materiale ferroso e pneumatici fanno da cornice a uno degli scorci più suggestivi del Barigadu.

E se l’opera monumentale costruita negli anni Venti sta lentamente sprofondando sotto il livello del nuovo invaso, la situazione non è poi così edificante nelle infrastrutture realizzate per soppiantarla.

Lo stesso viadotto che negli anni Ottanta ha preso il posto del ponte di Santa Chiara denota una ben più colpevole incuria.

Alla noncuranza degli enti preposti alla manutenzione si deve lo stato in cui versa quel tratto della provinciale 11, dove anni fa si è formato pericoloso dosso trasversale che nessuno si è mai curato di sistemare.

Ma il monumento allo spreco è l’impianto di illuminazione che dovrebbe garantire il transito in sicurezza delle auto ma che, a parte la breve parentesi dell’inaugurazione, in quindici anni non è mai entrato in funzione. E a nulla sono valsi le segnalazioni e i solleciti dei Comuni competenti per territorio, come testimonia il sindaco di Ula Tirso.

«Abbiamo fatto richieste d’interventi sia per le condizioni del manto stradale sia per i pali della luce ma la Provincia non ha mai provveduto. Ma le responsabilità per questo stato di cose sono di tutti: Provincia, Regione e sindaci», afferma Antonello Piras citando ad esempio il villaggio di Santa Chiara, un altro emblema dell’indifferenza delle istituzioni verso il patrimonio industriale, architettonico e urbanistico che rappresenta un importante pezzo di storia del territorio.

«Qualche anno fa l’Enel voleva cedere il villaggio al Comune a un prezzo simbolico – ricorda Piras –. Volevamo accettare, ma a condizione che tutte le amministrazioni della zona partecipassero a un progetto di sviluppo del territorio che creasse economia e occupazione. Non c’è stata una volontà comune per portarlo avanti».

E così i resti del villaggio e di un complesso che potrebbe attirare visitatori e produrre reddito vanno inesorabilmente in malora. Per incuria, inerzia sciatteria. Fino a quanto anche intervenire per la valorizzazione sarà antieconomico e improponibile.

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