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Abusi edilizi, il pm Mammone chiede tre condanne

La palazzina di via Toniolo
La palazzina di via Toniolo

Ma è scontro duro sul caso di una palazzina in via Toniolo. Intanto cade l’accusa di abuso d’ufficio

28 novembre 2014
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ORISTANO. Via Toniolo luogo di abuso edilizio? O via Toniolo luogo in cui un problema di pratiche e di rimpallo di pareri tra tecnici ebbe l’inattesa coda giudiziaria? Sono due letture diverse della stessa vicenda che arriverà al primo verdetto il 12 dicembre, quando il collegio presieduto da Modestino Villani, giudici a latere Francesco Mameli e Enrica Marson, leggerà la sentenza. Per il momento si resta alle richieste di condanna formulate dal pubblico ministero Armando Mammone e alle assoluzioni sollecitate dagli avvocati dei tre imputati.

Sotto accusa, per un abuso edilizio che sarebbe stato commesso attraverso il mancato rispetto delle cubature e delle distanze dalle altre abitazioni, ci sono il costruttore Antonino Urru, l’ingegnere Adriano Sorrentino e l’ex dirigente dell’ufficio tecnico comunale Mario Zonchello. La novità più importante riguarda tutti e tre gli imputati perché per la pubblica accusa la loro condotta non è meritevole della condanna per abuso d’ufficio. Era il reato principale per il quale erano stati chiamati in causa, ma il dibattimento ha chiarito che l’aver fatto andare avanti il progetto contrariamente a quanto sostenuto da altri tecnici che invece lo volevano bloccare non era stato un abuso di potere commesso dal funzionario e dai coimputati.

In ogni caso, a mettere al riparo tutti e tre ci sarebbe anche la prescrizione, sebbene il l’avvocato Marcello Sequi, difensore di Zonchello, non si accontenti di questa. La difesa si è spinta oltre, chiedendo l’assoluzione anche per l’abuso edilizio, reato che coinvolge anche gli altri due imputati e per quello di falso che riguarda solamente l’ingegnere Adriano Sorrentino.

Per il pubblico ministero, Antonino Urru e Mario Zonchello meritavano una condanna a quattro mesi e 20mila euro di multa, mentre per Adriano Sorrentino la richiesta è stata di cinque mesi e quindici giorni. Eppure il reato edilizio, per gli avvocati Andrea Pinna e Gavino Piredda, sarebbe smentito proprio dalle carte progettuali. Le distanze sarebbero state rispettate e le cubature sarebbero addirittura inferiori rispetto a quelle consentite. (e.c.)

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