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Oristano è porto-rifugio: ma la struttura è a pezzi

di Roberto Petretto
Oristano è porto-rifugio: ma la struttura è a pezzi

Lo scalo a ridosso dell’area industriale dovrebbe accogliere navi in avaria, però le torri faro sono pericolanti e i fanali di ingresso funzionano male

22 novembre 2014
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ORISTANO. «Ci pensino i privati», aveva detto l’assessore regionale ai Trasporti, Massimo Deiana parlando dei mali del porto industriale di Oristano. Torri faro pericolanti, fanali di ingresso che funzionano male, struttura non utilizzabile nelle ore notturne. Eppure la struttura oristanese è classificata come “porto rifugio”. Lo ricorda, in un articolo sulla rivista specializzata “Porti e servizi tecnico nautici”, il capogruppo degli ormeggiatori del porto di Oristano, Tore Giorico. «Il porto è stato scelto per le caratteristiche geomorfologiche delle coste e degli approdi locali, nonché in virtù della tipologia riguardo fondali, posizione, grandezza a garanzia della manovrabilità anche in assenza di mezzi di propulsione».

In sostanza, una nave che si venisse a trovare in difficoltà nel tratto di mare tra la Sardegna e le Baleari, verrebbe probabilmente indirizzata verso il porto di Oristano. Cioè verso un porto dove le torri faro sono pericolanti e le luci d’ingresso funzionano così così. Una «situazione di degrado e di difficoltà operativa» rilevata anche dall’assessore regionale che contrasta con il ruolo che la struttura dovrebbe avere. Per svolgere quel ruolo, che tra l’altro non è esente da rischi, il porto dovrebbe avere altri requisiti. «Il luogo di rifugio – dice ancora Tore Giorico – dovrà essere attrezzato per i nuovi compiti. Ovvero la disponibilità e tempestività dei servizi di assistenza a favore di una nave vittima di avaria o sinistro, ad esempio per l’alleggerimento del carico o del bunker, la riparazione o riduzione del guasto o differenti operazioni per permettano di prevenire un danno maggiore, oppure un inquinamento».

Insomma, un lavoro “sporco” che potrebbe non entusiasmare e che invece è previsto da un decreto legislativo del 2012: «Si tratta di operazioni eseguibili con maggiore profitto presso un luogo di rifugio piuttosto che in mare aperto. Anche perché permettere l’avvicinamento alla costa di una nave danneggiata o in avaria è un’ipotesi a cui potrebbero opporsi le autorità locali, per il potenziale danno ambientale e economico che ne potrebbe conseguire in caso di incidente vicino alle coste».

Così com’è il porto oristanese non può svolgere questo ruolo. È lo stesso Giorico ad ammetterlo, quando dice che andrebbe «opportunamente attrezzato». Le caratteristiche di base restano buone: posizione al centro del Mediterraneo, profondità dello specchio d’acqua, banchine con piazzali adatti allo stoccaggio di merci. «Oltre alle possibilità di bunkeraggio, grazie a un terminal petrolifero di deposito costiero». Peccato per quelle lacune a cui dovrebbero mettere mano i privati.

@Petretto

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