La Nuova Sardegna

Oristano

OPERAZIONE DRAGONE

Immigrazione clandestina: tre cinesi arrestati, 23 denunce

Immigrazione clandestina: tre cinesi arrestati, 23 denunce

ORISTANO. Ventitrè persone indagate e tre arrestate nell'ambito dell'operazione “Dragone” che ha fatto luce su una organizzazione che favoriva l’immigrazione clandestina. Sono stati i carabinieri...

14 giugno 2014
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ORISTANO. Ventitrè persone indagate e tre arrestate nell'ambito dell'operazione “Dragone” che ha fatto luce su una organizzazione che favoriva l’immigrazione clandestina. Sono stati i carabinieri del reparto operativo e dell'ispettorato del lavoro del Comando provinciale di Oristano a far luce sulla complessa operazione durata oltre un anno. L'organizzazione cinese, con la complicità degli indagati, aveva messo in piedi fittizi rapporti di lavoro familiare, per colf e badanti, consentendo a una quarantina di cinesi di arrivare in Italia e di avere un permesso di soggiorno o di poterlo rinnovare, grazie a quei lavori. La base operativa era stata allestita nel capoluogo ed aveva ai vertici, il capo Yan Xufei, 39 anni, Zhou Dongxian di 50 anni e la nipote Zhou Ling, di 27 anni. Mentre per quest'ultima, fermata dai carabinieri a Voghera, è scattato il divieto di dimora ad Oristano, per gli altri due il gip del tribunale di Oristano, Rossella Spano, ha fatto scattare gli arresti domiciliari. Gli altri 20 avvisi di garanzia sono stati notificati ad altri 16 cinesi, tra i 27 e 45 anni, e 7 italiani, tra i 50 e gli 84 anni di età, originari di Oristano, Cabras e Nuoro. La gran parte delle operazioni amministrative, legate alle assunzioni e al perfezionamento dei contratti di lavoro avveniva in modo telematico, mentre la parte burocratica veniva gestita – come ha confermato il colonnello Ivan Giorno – da due consulenti del lavoro di Cagliari e Oristano. La loro posizione è attualmente è al vaglio degli investigatori dell'arma. «L’organizzazione richiedeva 6mila euro per ogni singolo cinese che sbarcava in Italia – ha spiegato il comandante del nucleo investigativo capitano Sebastiano Battino – mentre se si trattava di un ricongiungimento con il coniuge la tariffa raddoppiava. La stessa organizzazione si faceva carico poi di versare sia i contributi assicurativi che le prestazioni che oscillavano tra i 200 e i 300 euro legate alle pensioni ricevute dai prestanome». La maggior parte dei cinesi arrivati in Italia non lavoravano presso le persone che li avevano assunti. Questo giro avrebbe fruttato non meno di 60mila euro. Le indagini erano scattate nel maggio dello scorso anno ed erano partite – ha spiegato il maresciallo Stefano Lupi dell'ispettorato del lavoro di Oristano – da alcune incongruità amministrative. Nell'ambito dell'inchiesta sono emersi anche alcuni casi di prostituzione. Le ipotesi di reato sono di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso ideologico. Uno dei prestanome dei contratti fittizzi è risultato Ubaldo Schirru, il pensionato di San Vero ritrovato morto nel 2012 nel fiume Tirso. Quel contratto era ancora registrato anche dopo la morte del pensionato.(e.s.)

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