La Nuova Sardegna

Il pensiero critico spiegato da chi non ne ha

di Massimo Dell'Utri *
Un'immagine d'archivio di una classe di scuola superiore
Un'immagine d'archivio di una classe di scuola superiore

L'OPINIONE - Formazione dei docenti della scuola secondaria, la riforma è in dirittura d’arrivo: molti gli aspetti positivi, ma c'è un rischio paradossale che riguarda la filosofia

10 maggio 2017
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L’educazione dei nostri figli: quale tema sta più a cuore di questo? E non solo a quanti lavorano nel settore dell'istruzione scolastica e universitaria, ma soprattutto a quanti nella scuola hanno o stanno per mandare i propri figli e sono giustamente interessati a che i giovani apprendano i contenuti delle varie discipline nel migliore dei modi. Quante volte abbiamo sentito o letto nelle colonne dei giornali della cruciale importanza dell'istruzione scolastica, trampolino di lancio per le generazioni destinate a innervare di linfa vitale il tessuto della società futura?
I vari nodi del dibattito attorno a questo tema sono da tempo venuti al pettine, e proprio in queste settimane verranno districati in forma di legge. Sta infatti entrando in dirittura d'arrivo la discussione parlamentare sulla riforma del sistema di formazione degli insegnanti della scuola secondaria, una volta capito che il Tirocinio formativo attivo, il famoso Tfa, è ormai obsoleto e va abbandonato. Benvenuta dunque questa riforma che, partendo da una situazione insoddisfacente, porterà senz'altro cambiamenti positivi. Ma li porterà?
Innanzitutto chiariamo che stiamo parlando del Dpr 14 febbraio 2016 e dello Schema di decreto legislativo n. 377, in corso d'esame, che recano disposizioni per il riordino del sistema in questione. La discussione dello Schema ha prodotto sicuramente risultati positivi: è positivo che il percorso di formazione abbia durata triennale, arco di tempo ottimale per assicurare una giusta preparazione nelle materie scelte, così come è positiva la decisione di eliminare le abilitazioni: alla fine del percorso chi sarà valutato positivamente verrà immesso in ruolo, senza che debba passare per ulteriori tappe concorsuali.
Altri risultati positivi potranno venire dai decreti che fisseranno i requisiti che i candidati all'insegnamento scolastico devono possedere per poter accedere al percorso formativo triennale. Ad esempio, si è già stabilito che chi si candida deve possedere 24 cfu (crediti formativi universitari) in discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle cosiddette metodologie e tecnologie didattiche (che concernono il modo in cui un insegnante “porge” la propria materia agli studenti, il suo metodo di insegnamento): è ora della massima importanza stabilire che almeno 12 di questi cfu riguardino le specifiche metodologie e tecnologie didattiche legate alle materie scelte, e dunque non una semplice didattica “generalista” ma una didattica della storia, del diritto, delle scienze, delle lingue ecc.
Ma la lingua batte dove il proprio dente duole, e mi si perdonerà se sottolineo alcuni rischi che riguardano in particolare la qualità dei futuri insegnanti di filosofia, ossia quelli che sceglieranno di fare il concorso nelle classi A-18 (Filosofia e scienze umane) e A-19 (Filosofia e storia). Il Dpr sopra richiamato stabilisce che per concorrere in A-18 si debbano possedere 24 cfu tra filosofia e storia e ben 72 nell'area socio-psico-pedagogica, producendo un immotivato squilibrio a sfavore dei laureati in filosofia in un modo del tutto contrario al buon senso e che perciò richiede un intervento di equità da parte del legislatore.
Lo squilibrio a sfavore dei laureati in filosofia e di quelli laureati in storia è poi più eclatante nella classe A-19: qui il Regolamento richiede sì ai laureati in filosofia di possedere 36 cfu di storia, e ai laureati in storia di possederne 36 in filosofia, ma richiede solo 24 cfu filosofici a un ampio ventaglio di candidati (che vanno dai laureati in antropologia e pedagogia a quelli in psicologia, scienze della politica, della comunicazione e della religione). Se questi requisiti non verranno cambiati avremo, per puro paradosso, che parte dei futuri insegnanti di filosofia avranno della filosofia una conoscenza poco più che manualistica, con la conseguenza controintuitiva e indesiderabile che una delle materie che per unanime riconoscimento è in grado di sviluppare nei giovani pensiero critico e autonomia di giudizio verrà insegnata da chi non è in grado di assicurare questo; da chi proviene da studi certamente importanti, ma è privo di un'adeguata competenza filosofica. Gli affidereste i vostri figli?
* Professore di Filosofia del linguaggio
Dipartimento di Scienze umanistiche e sociali
Università di Sassari

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