La Nuova Sardegna

Olbia

Punto nascita, mamme in guerra

Punto nascita, mamme in guerra

La Maddalena, sono una ventina le donne che saranno costrette a partorire all’ospedale di Olbia

22 febbraio 2017
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LA MADDALENA. Altro che dolce attesa. Il percorso verso il parto è diventato un incubo per le future mamme isolane. La chiusura del Punto nascita, il trasferimento a Olbia, la paura di mettere a rischio la salute del bambino generano un forte stato di ansia tra le decine di donne in gravidanza. Che con coraggio scendono ora in campo per chiedere alla politica di riaprire il Punto nascita e garantire i parametri di sicurezza all’ospedale Paolo Merlo. La Regione, sulla base dei calcoli matematici imposti dal Governo ha cancellato il Punto nascita sull’isola. Vietato diventare mamme alla Maddalena. La Assl di Olbia è certa di avere poteri così straordinari da tenere sotto controllo la natura. Le donne vicino al parto si devono trasferire a Olbia. Se per caso però una donna dovesse fare lo sgambetto a grafici e calcoli, partorirà alla Maddalena ma dopo tre ore verrà trasportata in ambulanza al Giovanni Paolo II. «Siamo molto amareggiate e preoccupate – racconta Angela Izzo, in cinta del secondo figlio, a nome di un gruppo di oltre venti donne –. Ieri una ragazza in travaglio è riuscita a prendere il traghetto delle 10 al volo. Appena è arrivata a Olbia ha dato alla luce il bambino. Non è certo questo il modo in cui vogliamo arrivare al giorno del parto. Viviamo già il disagio quotidiano del traghetto e ci vogliono costringere a fare 35 chilometri di curve e traffico. Qualcuno ha pensato al caos che ci sarà tra un paio di mesi con l’arrivo dei turisti?. Non è accettabile. Chiediamo che l’ospedale venga messo in sicurezza, come lo è stato in passato. Che venga garantito un anestesista, anche solo in reperibilità. Non possiamo certo aspettare che arrivi da Olbia. E che l’emoteca venga potenziata». Angela invita i politici e i burocrati a trascorrere una settimana alla Maddalena per capire i disagi di essere isolani. «Solo chi non sa quale sia la nostra realtà può pensare di chiedere a delle donne in cinta di andare a Olbia – aggiunge –. Non viviamo a dieci chilometri. I soldi a disposizione la Assl li usi non per pagare gli hotel di Olbia per ospitare le partorienti, ma per assumere il personale di cui abbiamo bisogno». Angela non nasconde la preoccupazione sua e delle altre future mamme. Solo a maggio saranno dieci le donne che dovranno partorire. «Dovremmo stare serene in questo periodo e invece non riusciamo a vivere con tranquillità – conclude –. Solo il pensiero di dover viaggiare, di non sapere se avremo una adeguata assistenza per noi e per il nostro bambino ci leva il sonno». (se.lu.)

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