La Nuova Sardegna

Olbia

Olbia, ipossia da parto: chieste tre condanne

di Giampiero Cocco
Olbia, ipossia da parto: chieste tre condanne

Un bimbo rimase soffocato durante la fase del travaglio, riportando danni cerebrali e difficoltà motorie permanenti

24 maggio 2016
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OLBIA. Il processo intentato contro due ginecologhe ed una ostetrica in servizio dell’ospedale di Olbia per un presunto caso di malasanità è giunto alle battute finali. Il pubblico ministero Maria Antonietta Bacciu ha chiesto la condanna ad un anno e due mesi di reclusione per Cristina Nocco, Nadia Rosas e Stefania Falconi (le prime due sanitarie e la terza ostetrica) per le lesioni personali gravissime riportate da un bimbo al momento della nascita, avvenuta nell’ospedale di Olbia il 17 gennaio del 2009.

La parte civile, rappresentata dall’avvocato Nazarena Tilocca (che assiste la madre, il padre e il bambino, che ora ha sette anni), nell’associarsi alle richieste della pubblica accusa ha concluso il suo intervento chiedendo una sentenza «che renda giustizia alle sofferenze di un bimbo che, a causa delle patologie post parto, non può vivere come tutti i suoi coetanei». Ieri ha parlato anche l’avvocato che rappresenta il responsabile civile (la Asl), mentre il processo è stato aggiornato al prossimo 10 giugno per le conclusioni del collegio difensivo, tra i quali vi è l’avvocato Antonello Desini. La vicenda processuale riguarda l’assistenza ricevuta da una giovane donna, giunta a fine gravidanza, durante la fase del in travaglio e sino alla nascita del bimbo. Cosa sia avvenuto nella sala parte dell’ospedale di Olbia non è stato chiarito neanche dalla consulenza medico legale affidata ad un luminare di ostetricia e ginecologia dell’Università di Sassari. Il bambino, come recita il capo d’imputazione nei confronti delle tre donne imputate, per «imperizia da una parte e negligenza dall’altra» avrebbe sofferto al punto tale da restare quasi asfissiato nel ventre materno. Una Ipossia (mancanza di ossigeno al cervello) che ha provocato nel bimbo crisi di epilessia per oltre due mesi e difficoltà deambulatorie, tanto da costringere la famiglia a trasferirsi nella penisola e trovare casa vicino d un ospedale pediatrico dove il bimbo e sottoposto a continue e costose cure. Stando alle accuse il bimbo rimase per troppo tempo nel grembo materno prima d’essere aiutato a venire alla luce con un parto cesareo. Una sofferenza fetale che avrebbe lasciato postumi irreversibili, tanto che la parte civile ha chiesto due milioni di euro di risarcimento danni per i genitori mentre per il bimbo sarà il giudice ha quantificare il danno morale, biologico e fisico subìto. Per l’avvocato della Asl, Paola Passino, sono «somme che servirebbero per curare altri bimbi malati».

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