La Nuova Sardegna

Olbia

Olbia, 150 case colpite e polemiche sui canali

di Guido Piga
Un'immagine-simbolo: un'alluvionata di Olbia porta via alcune cose dalla sua abitazione (Foto Gavino Sanna)
Un'immagine-simbolo: un'alluvionata di Olbia porta via alcune cose dalla sua abitazione (Foto Gavino Sanna)

Primi bilanci sul ciclone, bene la macchina della prevenzione. Scontro sul piano di contenimento dei fiumi

03 ottobre 2015
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OLBIA. Quasi la parola alluvione non si trova. Poco nei social, poco anche nelle dichiarazioni pubbliche. Eppure quella che si è abbattuta su Olbia è una vera e propria alluvione. I numeri, per capire che è così. Ci sono 150 famiglie che hanno avuto danni. 150 famiglie le cui case sono state colpite esattamente come avvenne il 18 novembre 2013. Il dato - l'unico certo - l' ha dato ancora una volta la Caritas. "Abbiamo fatto il censimento - spiega la direttrice, suor Luigia Leoni - e questo è il numero. Quelle famiglie hanno bisogno di aiuto: lavatrici, materassi, detersivi. Chi lo volesse, li porti alla chiesa di Sant'Antonio a Olbia".

Quelle 150 famiglie si trovano nei quartieri più colpiti: Isticcadeddu, Baratta, zona Bandinu, parte bassa di via Vittorio Veneto, e in parte Maltana. Le zone di Olbia in cui passano i fiumi Siligheddu e Gaddhuresu, più volte esodanti durante l'ultima alluvione. Non i soli: hanno tracimato anche il rio San Nicola e il canale Zozò, colpendo le aree di via Veronese, di via Petta, nel quartiere di San Nicola. 

"Il 18 novembre 2013 l’acqua entrò in casa e arrivò a un metro e 75, Stavolta poco meno di un metro - dice Franca Turrini, che abita in via Gessi, quartiere Isticcadeddu, in una delle 150 case invase dall'acqua - ma i danni sono gli stessi. Si può dire che siamo incazzati? Due alluvioni in meno di due anni, cos’altro dovrei dire?".

E proprio i fiumi, la loro "gestione", hanno alimentato le prime polemiche, destinate ad aumentare. Sott'accusa c'è il ponte sul fiume Siligheddu. Danneggiato dall'alluvione del 2013, riparato (male, secondo i più) dalla protezione civile, è stato abbattuto nel pomeriggio del 1 ottobre. "Faceva da tappo al fiume" la motivazione. Ma il Siligheddu ha rotto gli argini tre volte: la prima con il ponte ancora in piedi, la seconda con il ponte in via di smantellamento, la terza quando del ponte non restava più nulla. Questo dicono le cronache.

Eppure quel ponte è diventato il simbolo nazionale delle cose fatte male. Ne ha parlato a lungo il tg di Sky, e anche i quotidiani nazionali. A leggere i dati, l'alluvione non è stata causata solo dal quell'ostacolo. Perché tutti gli altri fiumi sono straripati. Bisognerà fare i conti con tante cose. Con i condoni edilizi. "Mai più" ha detto a Olbia il ministro dell'Ambiente, Luca Galletti, in riferimento ai troppi piani di risanamento di Olbia, con le case costruite sui canali. Ci sarà una nuova inchiesta della Procura di Tempio, dopo quella in corso per i fatti del 2013.

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Ma ci vorranno delle risposte politiche. Partendo dalla geografia. Olbia ha alle spalle due montagne: Monte Pino e Monte Plebi. Non  a caso ai tempi dei Giudicati la sua curatoria si chiamava Fundi de Monte (ne scrisse il Panedda). Fiumi e ruscelli partono da quelle cime, si ingrossano, e in pochi chilometri (come in Liguria) piombano sul mare. L'idea dell'amministrazione comunale di Gianni Giovannelli è quella di bloccare quei flussi con il piano Mancini, approvato dalla sola maggioranza. "Abbiamo dato delle risposte - spiega Giovannelli - e abbiamo ottenuto i finanziamenti per mettere in campo delle opere di sicurezza: 120 milioni".

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Un piano di contenimento delle acque a monte che però è contestato da una parte politica (dal centrodestra e più ancora dal gruppo di Pili) e da un comitato che oggi, 3 ottobre, spiegherà le ragioni della sua opposizione in una conferenza stampa.

Intanto, tutti tirano un sospiro di sollievo. Il governatore Francesco Pigliaru, in visita a Olbia il 2 ottobre, spiega che la macchina della protezione civile ha funzionato. Una delle ragioni per cui la Caritas non chiede alimenti e vestiti è proprio questa. "Con l'allarme dato con tempo, i cittadini hanno portato via cibo e vestiario dalle loro case - dice suor Luigia - ma  non potevano certo spostare i frigo, i letti". Il capo della Protezione civile nazionale, Fabrizio Curcio, ha chiarito che quello del 1 ottobre è stato il terzo allarme rosso nel 2015, il nono dal 2010. Segno che l'emergenza aumenta. E che qualcosa, rispetto al 18 novembre 2013, è migliorato.

Infine, la vita a Olbia ricomincia. Tra volontari del fango e militari, la città si sta rimettendo in moto. Oggi, 3 ottobre, scuole e parco Fausto Noce ancora chiusi; ma si farà il mercatino nelle vie Sangallo e Poletti e ricomincerà il servizio di raccolta dei rifiuti.

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