La Nuova Sardegna

Olbia

Rione Bandinu, il canale è un pericolo

di Giampiero Cocco
Rione Bandinu, il canale è un pericolo

Scoperto e rimosso un tappo di detriti nel sottopasso di via Portogallo: a trenta metri erano morte madre e figlia

17 marzo 2014
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OLBIA. Tante parole, un turbinio ininterrotto di promesse e poi si scopre che tanto, dopo la luttuosa alluvione del 18 novembre scorso, resta ancora da fare, almeno nel garantire sicurezza ai cittadini. Lo ha scoperto sabato scorso il perito incaricato dalla procura della Repubblica di Tempio, il quale trovato una gigantesca ostruzione nel canale tombato che passa sotto l’incrocio di via Portogallo, nel quartiere Bandinu. Un passaggio d’acqua intasato da un inestricabile intreccio di rami, fango e rottami, un micidiale tappo che avrebbe potuto, in caso di nuove piogge, ricreare pericolo per la zona a forte densità di popolazione.

Il canale passa sotto via Belgio e dista soltanto trenta metri dal punto in cui hanno perso la vita Patrizia Corona, la mamma di 42 anni rimasta intrappolata, con la figlioletta Morgana Giagoni di appena due anni, nella Smart trascinata dalla furia della acque in via Cina. Per non dimenticare quelle povere vittime, sul lato destro della strada, è sorto l’albero dei ricordi, che si arricchisce giorno dopo giorno di animaletti di peluche e bigliettini. Poco distante e per 120 giorni, a quattro mesi dal passaggio del ciclone Cleopatra, quel canale tombato è rimasto ostruito da un ignorato quanto letale tappo di detriti, e c’è voluta una ordinanza urgente firmata dal sostituto procuratore della Repubblica di Tempio Ricardo Rossi per mandare sotto quel ponte i vigili del fuoco. Che tutto possono fare e fanno, tranne il fatto di liberare i sottopassi da frasche e ostruzioni, se non in stato di emergenza. Che fine ha fatto l’impresa che avrebbe dovuto, dal 18 novembre scorso (ironia delle date, che non si sa bene quanto addomesticate nei registri) ripulire la rete dei canali di Olbia da cannetti, erbacce e naturali depositi di fanghi e sabbia? A chi spetta, dopo i tanti impegni e le promesse mai mantenute di rapidi interventi, controllare e verificare sul posto che almeno i lavori di manutenzione ordinaria (alla luce di quanto è avvenuto) siano portati a termine, considerato che la magistratura, nel sequestrare tutti i canali tombati, aveva autorizzato gli interventi di ripulitura dell’intera rete di scolmamento? E per il tappo di via Belgio nessuno, sino a sabato scorso, aveva avanzato richieste di alcun genere. È stata la ispezione del consulente della Procura (che è anche un tecnico Arpas) il quale, nel confrontare i dati pluviometrici con la reale portata del canale tombato lungo una cinquantina di metri, ha fare la casuale quanto inquietante scoperta che la via d’acqua era intasato. Cos’altro resta da ispezionare e liberare, in città? Stando agli investigatori ancora tanto, mentre aggiornano giornalmente le tre mega inchieste aperte sull’alluvione.

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