La Nuova Sardegna

Olbia

Il prete innamorato lascia la Chiesa: «Ora mi sposo»

di Stefania Puorro
Il prete innamorato lascia la Chiesa: «Ora mi sposo»

Oschiri, la storia dell’ex parroco Fabio Nieddu e della sua compagna Liuba Becciu. «Quando l’ho conosciuta ho messo in discussione la mia vita, poi ho scelto lei»

02 aprile 2013
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OLBIA. I suoi dieci anni di sacerdozio «sono stati meravigliosi». Da parroco di Oschiri, Fabio Nieddu, 39 anni, originario di Bottidda, ha svolto una missione di fratellanza e solidarietà: è stato vicino ai deboli e agli ammalati, è stato al fianco dei giovani. Ha rivolto tanti sorrisi, regalato abbracci, pronunciato infinite volte parole di speranza e trasmesso coraggio a tante persone che soffrivano. Una generosità d’animo che non è mutata. Anzi. Ma adesso la sua vita è cambiata. Totalmente. L’amore per Dio è rimasto infinito, ma non è più un suo servitore. Al suo fianco, ora, c’è una donna. Che diventerà sua moglie, non appena arriverà la dispensa.

Gli ostacoli. Questa è una grande storia d’amore. Che, come tante altre, ha trovato ostacoli durante il cammino. Forse qualcuno in più, visto che lui è un ex sacerdote. Ma è un uomo, prima di tutto. E, come tale, deve essere libero di scegliere. Così ha fatto. Non prima, però, di un lungo percorso, durato un anno, per avere la certezza che un cambiamento così radicale fosse davvero ciò che desiderava.

E in questa direzione lo ha spinto, prima di tutti gli altri, proprio Liuba Becciu, 42 anni, di Mores, diventata la sua fidanzata. Lei non voleva intralciarlo, desiderava che si prendesse tutto il tempo che gli occorreva, prima di mettere da parte l’abito talare. E, pur soffrendo in silenzio, lo ha aspettato. Il destino ha deciso per loro. Sono insieme, si amano, vogliono sposarsi appena potranno, e, se Dio vorrà, sperano di avere dei figli.

Il passato. Prima di arrivare a parlare del presente e del futuro, Fabio Nieddu torna indietro negli anni. «Il desiderio di entrare in seminario è nato quando avevo 11 anni. E infatti ho frequentato le scuole medie e superiori a Ozieri. Mi affascinava la figura del mio parroco, un ex missionario, e poi i miei amici già in seminario mi parlavano bene della loro esperienza. E così ho voluto farla anche io. La mia famiglia inizialmente pensava che fosse un’inclinazione passeggera, invece è diventata la mia scelta di vita. I periodi di crisi, di ripensamento, non sono mancati. Ma sono andato avanti anche con l’aiuto dei miei superiori. Ho frequentato a Cagliari la facoltà di Teologia, quindi sono entrato nel seminario maggiore. Anche lì ho avuto dei momenti di difficoltà, ma non ho mollato. Anche perché nel frattempo i miei cari mi vedevano già come un prete e non avrei mai voluto deluderli. Nel 2001 sono andato a Oschiri come diacono, e il 5 maggio dell’anno dopo sono diventato sacerdote. Sono stato prima vice parroco, poi amministratore, quindi parroco di Oschiri. Per dieci meravigliosi ed entusiasmanti anni. Ho coinvolto tutto il paese, ho instaurato un rapporto intenso con la gente di ogni età. Ho sempre pensato agli altri trascurando me stesso dal punto di vista spirituale. E la crisi si è accentuata con la morte di mio padre. È stato proprio durante la sua malattia che, nel 2011, ho conosciuto Liuba».

L’incontro. È lei, a questo punto, a parlare. «Io sono infermiera professionale, precaria. In quel periodo non stavo lavorando e mi hanno chiamata all’ospedale di Ozieri per assistere un paziente anziano ricoverato in Medicina. Dopo qualche giorno, nella stanza, è stato ricoverato il padre di Fabio. Ricordo sua madre, una signora spaventata. Le avevo detto: “Stia tranquilla, ci sono qui io. Se ha necessità, le darò una mano”. È stata lei, poi, un giorno a dirmi: “Fabio non verrà oggi, deve andare a messa”. E io allora ho risposto: “È così bigotto?”. Invece ho scoperto che lui era parroco. In occasioni successive, io e lui abbiamo cominciato a chiacchierare, a prendere un caffè, ma niente di più. Io, sempre scettica nei confronti dei sacerdoti e della Chiesa, mi sono dovuta ricredere. Perché parlare con lui era bellissimo». «Anche io però - prosegue Fabio - mi sono trovato molto bene a parlare con lei. Per la prima volta qualcuno ascoltava me, i miei problemi. Quando mio padre è morto ci siamo frequentati da amici e mia madre invitava Liuba spesso a casa».

Il distacco. Senza che i due se ne accorgessero, l’amore cresceva, ma continuava a non accadere niente. Poi lei è andata a lavorare ad Alghero, mentre lui - ormai in crisi profonda - ha chiesto al vescovo di allontanarsi da Oschiri. «Sono andato a Roma – racconta – ma non potevo parlarne con la comunità. Liuba mi ha detto di prendermi tutto il tempo che mi serviva e io ho fatto per un anno il cappellano al Fatebenefratelli, sempre seguito da un prete psicologo che mi ha sostenuto tantissimo. Mi ha aiutato a scegliere, serenamente e liberamente. E io ho scelto di stare con Liuba. Il 4 novembre del 2012 ho smesso di fare il sacerdote».

Solidarietà e critiche. Fabio ha trovato molta solidarietà (arrivata prima di tutto dalle famiglie, ma anche da Bottidda, da Mores, da Oschiri). Ma c’è stato anche chi non ha accettato, chi ha criticato. Senza però conoscere tutta la storia, senza sapere che non è stata la decisione di un minuto, ma il risultato di una profonda e attenta riflessione.

Il futuro. «Ora viviamo a Roma - dice la coppia col sorriso -, ma ogni tanto torniamo in Sardegna, dove speriamo di poter vivere. Frequentiamo sempre la chiesa e abbiamo un sacerdote, un francescano del convento di Mores, che ci sta molto vicino. E siamo veramente felici».

Liuba è un nome di origine slava. Significa amore. E, in questo caso, è amore vero.

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