La Nuova Sardegna

Nuoro

Rapine ai portavalori il processo sarà trasferito a Cagliari 

di Gianna Zazzara
Rapine ai portavalori il processo sarà trasferito a Cagliari 

Ultima udienza nell’aula bunker del carcere di Bancali Dal 12 giugno in Assise. Pioggia di eccezioni degli avvocati

07 giugno 2017
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SASSARI. L’ultimo a entrare nella gabbia dei detenuti, nell’aula bunker del carcere di Bancali, è stato il 26enne Antonello Mesina, nipote di Graziano, il re del banditismo sardo. Il giovane Mesina ieri mattina si è presentato puntuale all’udienza davanti al collegio presieduto dal giudice Ermengarda Ferrarese (a latere Giovanni Paolo Piana e Fabio Rivellini): il ragazzo si è consegnato alla polizia la settimana scorsa dopo essersi nascosto per più di un anno nelle campagne della Barbagia.
Le rapine ai portavalori. Secondo l’accusa formulata dalla procura distrettuale di Cagliari, Antonello Mesina farebbe parte della banda che per più di tre anni, dall’ottobre 2013 al marzo 2016, avrebbe messo a ferro e fuoco la Sardegna assaltando a colpi di kalashnikov furgoni portavalori, rapinando le sedi degli istituti di vigilanza, svaligiando supermercati. Tra i colpi più famosi la rapina alla sede della vigilanza Sardegna di Nuoro, il 14 ottobre 2013, (bottino di 5 milioni di euro) e l’assalto al portavalori della Vigilpol il 1° settembre 2015 sulla statale 131, a Bonorva (500mila euro il bottino). Ma vanno ricordate anche le tentate rapine ai portavalori a Siligo e Barbusì (il 23 novembre e il 1° dicembre 2015) e gli assalti falliti ad altri blindati Mondiapol, il 7 dicembre 2015 sulla Ardara-Siligo e il 21 dicembre dello stesso anno sulla Olbia Sassari.
Sempre nel 2015 la polizia riuscì invece a sventare un colpo nel caveau della Mondiapol di Arzachena: se fosse andato a segno avrebbe fruttato alla banda più di 20 milioni di euro. Secondo l’accusa la banda aveva un’organizzazione di tipo militare e progettava gli assalti in ogni minimo dettaglio: faceva continui sopralluoghi, rubava le auto, si procurava armi da guerra e faceva riunioni segrete negli ovili.
Gli imputati. Della banda, oltre a Mesina, farebbero parte molti ogliastrini il più famoso dei quali è il presunto capo dell’associazione, il deus ex machina che avrebbe organizzato e diretto i colpi in tutta la Sardegna, Giovanni Olianas, 51 anni, ex vicesindaco di Villagrande Strisaili, in Ogliastra, che ieri è apparso visibilmente dimagrito dopo aver trascorso più di un anno rinchiuso in una cella. Ed è proprio con Olianas che il giovane Mesina, appena entrato nella gabbia guardata a vista dagli agenti di polizia penitenziaria, si è scambiato un caloroso abbraccio, poi stretta di mano e buffetto sulla guancia.
Le accuse. In tutto alla sbarra ci sono 26 imputati, dodici sono in carcere. Tra loro spiccano i nomi dei cugini Sergio e Luca Arzu, parenti dell’ex latitante Raffaele, di Talana e di Angelo Lostia, di Olzai. Per loro l’accusa è di associazione a delinquere, rapina e riciclaggio, oltre che di traffico di stupefacenti. Ad altri 14 imputati, invece, vengono contestati reati di tipo non associativo. Ieri in aula c’erano anche i parenti e gli amici dei detenuti: molte le mamme coi bambini piccoli in braccio. Un’aula troppo piccola, quella del carcere di Bancali, per contenere tutti: molti gli avvocati costretti a rimanere in piedi. Ed è per questo che il presidente del tribunale di Cagliari, dopo le proteste dei difensori, ha deciso di trasferire il processo a Cagliari, almeno fino a quando non sarà messo in sicurezza il tribunale di Lanusei. La prossima udienza si celebrerà, quindi, lunedì prossimo a Cagliari, nell’aula della Corte d’assise della Corte d’Appello.
Le eccezioni degli avvocati. Ieri l’udienza era dedicata alla discussione delle questioni preliminari. Protagonisti assoluti gli avvocati che hanno presentato una raffica di eccezioni, dall’incompetenza funzionale per territorio, alla indeterminatezza dei capi di imputazione fino alla mancata richiesta, da parte del pm della Dda di Cagliari Andrea Tronci, della proroga delle indagini preliminari. Per tutti questi motivi i difensori hanno chiesto la nullità del decreto che dispone il giudizio e la restituzione degli atti al pm.
In particolare l’avvocato Leonardo Filippi, ordinario di Procedura penale all’università di Cagliari e difensore di Giovanni Olianas, ha eccepito l’inutilizzabilità di alcuni atti dell’indagine preliminare e di conseguenza delle intercettazioni eseguite nel corso delle indagini preliminari. Come ha ricordato il professore, l’indagine è nata a Nuoro, poi è passata alla procura di Cagliari, poi ancora alla Dda di Cagliari. «C’è la difficoltà di risalire alla durata massima delle indagini preliminari», ha protestato il legale.
Per il pubblico ministero distrettuale Andrea Tronci, invece, tutto si è svolto secondo le regole processuali. «La competenza è stata trasferita alla Dda quando dalle intercettazioni è emerso che questo sodalizio criminale si dedicava anche al traffico di stupefacenti». Il pm ha poi ricordato come, nel caso di reati distrettuali, la proroga delle indagini non vada comunicata agli indagati.
Ora la decisione sulle eccezioni presentate dai difensori spetterà al collegio giudicante che scioglierà la riserva all’udienza di lunedì prossimo, a Cagliari. Solo in quel momento il presidente del collegio, Ermengarda Ferrarese, potrà dichiarare aperto il dibattimento. Sarà allora che gli avvocati dovranno affilare le armi.
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