La Nuova Sardegna

Nuoro

«Riprendiamo la battaglia contro la mala-giustizia»

di Valeria Gianoglio

La compagna di Enzo Tortora al convegno promosso dalla Camera penale «Il suo arresto e la condanna non furono errori, ma un vero crimine giudiziario»

12 marzo 2017
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NUORO. «Dopo la prima condanna, disse “Io torno in carcere, ma sarò sempre più libero di chi mi ci ha mandato”. Ditemi voi se questo non è un grande uomo. Purtroppo, e ne sono convinta, la vicenda di Enzo Tortora a oggi non ha insegnato ancora nulla. Da lì, dunque, bisogna riprendere la sua battaglia per una giustizia giusta. Enzo ci lascia sperare, e la speranza, ragazzi, siete voi»: sul finale del suo intervento Francesca Scopelliti non riesce a trattenere le lacrime. Nell’auditorium della biblioteca Satta, al convegno organizzato dalla Camera penale con il Comune e l’ordine degli avvocati, la compagna del grande conduttore, giornalista e politico morto nell’88 e diventato simbolo della malagiustizia che toglie la libertà agli innocenti, si rivolge in particolare agli studenti di alcune superiori nuoresi.

La senatrice, e presidente della fondazione internazionale per la giustizia Enzo Tortora, racconta al folto pubblico nuorese la vicenda carica di umanità e dolore che aveva segnato Enzo Tortora dall’83 fino alla sua morte. Una vicenda che poi è approdata in un libro che raccoglie le lettere scritte dallo stesso Tortora nei sette mesi di detenzione in cacere. «Queste lettere riescono a rappresentare l’amore di Enzo Tortora per Francesca e la sofferenza di un uomo privato del bene più grande: la libertà.– spiega, introducendo il convegno, l’avvocato Francesco Lai, dopo i saluti portati dal vicesindaco Sebastian Cocco, dal presidente dell’ordine forense, Roberto Corrias, e dal presidente della Camera penale, Salvatore Muru. «Tortora – continua l’avvocato Lai – viene arrestato nel giugno dell’83, passa l’estate in carcere, eppure invita Francesca ad andare al mare. La invita a vivere. Il suo, è un grido di dolore, ma anche una attestazione di amore».

Tortora era stato accusato di associazione a delinquere di stampo camorristico: in primo grado era stato condannato a nove anni, in secondo grado, invece, era stato assolto e poi la Cassazione aveva confermato l’assoluzione. «Non avevano alcuna prova – ricorda Francesca Scopelliti – a suo carico c’erano solo le accuse di due pentiti, per me due farabutti: Pasquale Barra, detto “O animale”, che qui a Badu ’e Carros aveva fatto a pezzi Francis Turatello, e Giovanni Pandico, uno che aveva ucciso quattro impiegati comunali solo per un ritardo. A questi due farabutti, due pm di Napoli avevano dato fiducia. Enzo venne dunque arrestato, e fino ad allora il suo lo definisco un errore giudiziario, anzi una ipotesi di errore. Diventa un crimine giudiziario quando, durante il primo interrogatorio in carcere, Enzo spiega tutto, porta le prove che attestano l’equivoco, ma ormai , come diceva lui, “questi signori hanno già deciso. Per salvare la loro faccia, fottono me». «E qui – aggiunge Francesca Scopelliti – che finisce l’ipotesi di errore giudiziario, e comincia il crimine giudiziario. L’accusa raccatta 18 pentiti, ci fu anche la complicità della stampa. La colpa di Enzo era quella che ai giornalisti risultava antipatico perché non apparteneva allo star system. Ma lui era un uomo libero, colto e libero. Pannella lo candidò al Parlamento europeo, e da lì cominciò la sua battaglia per la giustizia giusta. La sua non è mai stata una battaglia contro la magistratura, ma contro alcuni magistrati. Da lì, dunque, ragazzi, dobbiamo ripartire. La speranza siete voi».

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