La Nuova Sardegna

Nuoro

La proposta: "Capannoni a un euro a Pratosardo"

Luciano Piras
La zona industriale di Pratosardo
La zona industriale di Pratosardo

Per rilanciare l'economia un'idea che l'ex assessore Francesco Guccini propone di sviluppare sulla scia del caso Ollolai

08 maggio 2016
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NUORO. «Capannoni acquisiti a patrimonio della Regione e concessi agli imprenditori al costo di un euro». Non è affatto una boutade del momento. Francesco Guccini, giovane imprenditore nuorese, ex assessore comunale, ci crede sul serio. «La proposta è complessa e merita approfondimento» mette subito in guardia. La sostanza, tuttavia, è chiarissima, sin dalle prime parole. Il recentissimo “caso Ollolai” (con il sindaco Efisio Arbau che è riuscito a far passare la linea delle case del centro storico in vendita a un euro), insomma, sta già facendo scuola. E nella zona di Pratosardo, una distesa pseudo-industriale di capannoni vuoti e dimenticati da tutti, potrebbe succedere lo stesso.

«Ma prima partiamo da una considerazione – sottolinea Guccini –. In questi anni, meglio decenni, si sono moltiplicati gli esempi di imprese che, nel nostro territorio, hanno fatto bottino e razzie. Fra contributi regalati a pioggia e agevolazioni di ogni natura, gli im-prenditori hanno arricchito unicamente se stessi e lasciato migliaia di famiglie senza lavoro. Anche la politica, se si vuole riconoscere la buona fede, non è mai riuscita ad arginare il fenomeno, dovendo affrontare ciclicamente l’abbandono di questa o quella produzione. In una rincorsa al finanziamento riparatore, alla boccata d’ossigeno per l’impresa agonizzante».

«Bene – si ferma un attimo, l’ex assessore alle Attività produttive della giunta Bianchi –. Consideriamo l’ultimo caso in specie: Idea Motore a Pratosardo». È il caso di un’azienda ex eccellenza in Italia ora svenduta all’asta a un colosso giapponese. «L’impresa investe svariati milioni di euro, attinge a finanziamenti pubblici e, dopo diversi anni, alza bandiera bianca e decide di delocalizzare la produzione laddove il costo del lavoro è minore – spiega Guccini –. Diciamo anche, per onestà, dove le carenze strutturali e i costi associati alla produzione, una su tutti il trasporto, pesa notevolmente meno». Idea Motore, infatti, troverà presto casa in Romania o in un altro paese dell’Europa dell’Est. «La politica si arrende, per la verità senza offrire alternative, se non ipotizzando di sperperare ulteriori denari, e i dipendenti ritornano a casa» è l’amara conclusione di Guccini.

«Proviamo ora a raccontare un altro scenario – va avanti –. Decliniamolo su Idea Motore, ma estendiamolo anche ad altre realtà produttive. Il capannone di 5.000 metri quadri è costato, all’imprenditore e alla comunità, la bellezza di 5 milioni di euro. È l’unica cosa che non può essere portata via. L’unico “valore” ancora negoziabile».

«Bene – riprende fiato –: Io Regione, piuttosto che investire su macchinari e/o merci, o addirittura finanziamenti atti a restituire liquidità, investo nella logistica. In quel bene che, volente o nolente, deve trovare una collocazione anche oltre le scelte immediate dell’imprenditore. Che, infine, non può essere portato via né monetizzato facilmente. Nel pratico: parrebbe esserci un terzo soggetto disposto a investire su ciò che rimane di Idea Motore. Piuttosto che finanziare altro, la Regione acquisisce il capannone e lo mette nella disponibilità dell’impresa. Ne garantisce un affidamento pluriennale al prezzo simbolico di un euro, a patto che l’impresa mantenga i livelli occupazionali negoziati. Nel momento in cui questi dovessero mancare, la Regione rientrerebbe in possesso del bene, con la possibilità di “concederlo” ad altra impresa. Dal punto di vista dell’impresa, senza costi di strutture, l’azienda potrebbe dedicarsi alla produzione, alle merci e alla formazione del personale. In uno scenario di questo tipo – chiude Francesco Guccini –, la Regione non metterebbe denari nelle tasche di nessuno, si farebbero avanti soltanto imprenditori motivati e i dipendenti saprebbero di trovarsi in una casa alla quale, da un giorno all’altro, non verrebbe portato via il tetto».

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