La Nuova Sardegna

Nuoro

Gli operai: «L’amianto era dovunque»

Le testimonianze degli ex lavoratori Enichem fondamentali nelle indagini dei carabinieri sulla fibra killer e sui rifiuti tossici

30 gennaio 2016
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OTTANA. «Per anni abbiamo lavorato a contatto diretto con l’amianto, l’abbiamo maneggiato in tutti i modi, sagomato a seconda delle esigenze di dove andava collocato, raschiato, molato, lavorato al tornio, spesso lo abbiamo utilizzato per proteggerci dal calore dalle fughe di polimero, dagli spruzzi di liquidi ad alta temperature come il Dowtherm. Abbiamo utilizzato guanti, tute, coperte, e quant’altro fosse utile per evitare scottature, sempre in amianto, non sapendo che le vere ustioni erano quelle che esternamente non lasciano il segno». È la testimonianza di Francesco Tolu, uno dei lavoratori che si battono per il riconoscimento dell’esposizione all’amianto all’Enichem di Ottana sino agli anni ’90. Un dato di fatto, negato però a partire dal 2003 da una relazione dell’Inail in cui si affermava che nessun operaio aveva lavorato in condizioni di rischio. Risultato: nessuna possibilità di accedere ai benefici della legge 297/92 per gli esposti all’amianto.

Tredici anni dopo, quel rapporto rivela l’infondantezza di una tesi alla quale i lavoratori chimici non hanno mai creduto. Molti ex operai di Ottana continuano ad ammalarsi di grave patologie asbesto correlate (che possono avere una latenza sino a trent’anni), alcuni di loro sono morti. Ma a guardare bene già prima del 2003 l’amianto aveva provocato alcune vittime. Come Luigi Chessa, morto nel 1997 per mesotelioma pleurico: la sua famiglia ha avuto il riconoscimento della malattia professionale solo dopo una lunga battaglia in tribunale.

È per questo che gli ex lavoratori a rischio guardano al proprio futuro con un po’ di fiducia in più dopo che il caso è finalmente approdato in parlamento, ma anche dopo che i carabinieri hanno messo sotto sequestro l’intera area ex Montefibre all’interno della zona industriale. Al momento non sono ancora stati effettuati prelievi di amianto o altri rifiuti tossici, ma la posa dei sigilli è un passo concreto per evitare l’alterazione dei luoghi. Gli investigatori giovedì si sono mossi a colpo sicuro, andando a cercare le sostanze pericolose in luoghi segnalati, anche anonimamente, da ex lavoratori.

Nell’ultima assemblea svoltasi a Ottana nelle scorse settimane, molti ex dipendenti Enichem e Montefibre sono intervenuti per dare le proprie, drammatiche testimonianze. Alcuni di loro sino ammalati negli anni successivi al 2000. Come Salvatore Batelli, vigile del fuoco all’interno dello stabilimento, che lotta contro un tumore alla lingua. O Antonio Madeddu, che ha subìto un trapianto di fegato a causa di un tumore. Altri lavoratori hanno ricordato i compagni scomparsi. Pietro Davoli ha parlato dei colleghi Giovannino Piras e Luigi Moro portati via dal male: lavoravano nel laboratorio dove la concentrazione di fibra d'amianto era cento volte superiore ai valori massimi consentiti e arrivava tramite l'impianto di condizionamento, come testimonia Marco Pili, che era il tecnico responsabile delle bonifiche ambientali, in particolar modo dell’amianto. Fu lui a guidare le operazioni che a partire dal 1992 portarono a smaltire 140 tonnellate di amianto dall’area industriale, ma in seguito a nessuno venne in mente di sentire il suo parere. Uno smaltimento elencato reparto per reparto di cui sinora non era stato tenuto conto, quantomeno dall’Inail che non vi fa alcun riferimento nella propria relazione del 2003.

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