La Nuova Sardegna

Nuoro

GAIRO: folla al funerale del giovane assassinato domenica

Il parroco: «Massimiliano vittima dei nostri silenzi, no alle vendette»

di Claudia Carta

GAIRO. Il sole incandescente che accarezza la bara di Massimiliano Langiu è un sole incapace di ridonare vita. Non scalda il suo corpo, freddo ormai da quattro giorni, dilaniato dalle fucilate che...

30 luglio 2015
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GAIRO. Il sole incandescente che accarezza la bara di Massimiliano Langiu è un sole incapace di ridonare vita. Non scalda il suo corpo, freddo ormai da quattro giorni, dilaniato dalle fucilate che domenica scorsa ne hanno per sempre cancellato lo sguardo e il sorriso. Non scalda il cuore di Daniela Boi, moglie e mamma giovanissima e già vedova. Non scioglie i dubbi, gli interrogativi, la paura. Davanti alla chiesa parrocchiale Sant’Elena di Gairo, c’era solo grande freddo, lasciato dalla violenza brutale, dal furore cieco che strappa un papà all'affetto della sua bambina e all'amore della sua sposa. Dopo i pallettoni, un epilogo ineluttabile: una bara bagnata di lacrime amare. Sono le 17.55 quando il feretro del giovane gairese fa il suo ingresso in chiesa. Gli uomini hanno ritirato le sedie dallo spiazzo ai piedi della gradinata. Si alzano in piedi. Silenzio. Gli amici hanno voluto portarlo sulle loro spalle. Con la mano si asciugano gli occhi. A poca distanza, Daniela, per mano col fratello di Massimiliano e la madre. Compostezza e dignità. La chiesa è gremita. Il parroco, don Tito Pilia, concelebra insieme a don Francesco, parroco di Osini, il paese natale di Daniela Boi. Due comunità segnate da quella che don Pilia ha chiamato una sciagura: «Siamo sconvolti – ha esordito il sacerdote – da quanto è accaduto. Siamo qui dinanzi alle spoglie di Massimiliano con i soliti perché: “perché lui, perché in questo modo assurdo, perché a soli 27 anni”. Umanamente non si possono dare risposte, né trovare le parole giuste, forse perché non ci sono. Sappiate, però, che il Signore non è mai dalla parte di chi fa piangere. Oggi, l’unico conforto viene dalla preghiera».

Accanto alla bara coperta di rose rosse, è ancora una volta il fratello di Massimiliano ad abbracciare la madre e la cognata. Le tiene strette a sé. Mentre ascoltano le parole del parroco che invita la comunità a una riflessione profonda e a un esame di coscienza serio: «Siamo stanchi di questa violenza. Ma attenti, anche noi siamo responsabili di questa morte: per la nostra indifferenza, il nostro silenzio, il nostro egoismo, il nostro non rispettare e trasmettere valori sacri, come quello della vita. Non è il tempo della vendetta e del rancore. Cosa dire ai responsabili di questa tragedia? A questi smarriti, incoscienti e cattivi? Mi auguro che la giustizia umana, finalmente, possa compiersi pienamente e dare delle risposte, assicurando quei castighi che siano di monito a tanti». L’ultima parola, però, anche ieri, è quella della speranza: «Ogni notte ha la sua luce».

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