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Marco Pedde fa canestro contro la Sla

Luciano Piras
Marco Pedde al Palaserradimigni con il capitano della Dinamo Sassari Manuel Vanuzzo
Marco Pedde al Palaserradimigni con il capitano della Dinamo Sassari Manuel Vanuzzo

Viaggio in un furgone attrezzato per seguire dal vivo la Dinamo Banco di Sardegna sul parquet del PalaSerradimigni

29 ottobre 2014
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SASSARI. Marco Pedde è una password. Bastano nome e cognome, di fila, anchetuttoattaccato, perché i cancelli e le porte del PalaSerradimigni si spalanchino. «Fate passare, fate passare» ordina un tizio della security. Il Ducato novi posti targato Nuoro fa il giro largo, guarda verso piazzale Segni illuminato dai lampioni, accosta.

Qualche minuto ancora, Massimo Buttitta l’autista apre lo sportellone posteriore del furgone, spunta l’elevatore per disabili ed eccolo che esce, lui, la star della serata tataresa: Marco Pedde, nugoresu di Nuoro, classe di ferro 1968, malato di Sla. Tifoso in prima linea della Dinamo Banco di Sardegna. Ma anche del Cagliari calcio, guai a dirlo a Sassari però, che qui nei paraggi dello stadio “Vanni Sanna” è come imprecare in sacrestia. Qui l’unica preghiera ammessa è per i giganti buoni di Sacchetti, in campo, lunedì alle 20,30, per affrontare l’Enel Brindisi.

È per loro, per i biancoblù di Stefano Sardara for president, che Marco Pedde si è messo in viaggio dalla Barbagia, fin dal pomeriggio. Alle 17,15 il montascale scivola lento sulla gradinata di una palazzina ex Iacp di viale della Repubblica. C’è Demetrio Mele, infermiere professionale, che tiene sottocchio i macchinari per la ventilazione, il tubo endotracheale, la fascia di tela stretta attorno alla testa per mitigare sobbalzi e scossoni vari. C’è Massimo Buttitta, assistente domiciliare factotum, autista volontario delle ambulanze del 118. Stavolta manovra, spinge e carica la carrozzina nel furgone Fiat Ducato e mette in moto al primo giro di chiavi.

La famiglia di Marco è in apprensione, evidente. «Tranquilli» interviene Peppino Paffi, medico della Rianimazione dell’ospedale San Francesco di Nuoro, volontario senza frontiere per questa trasferta normale, «normalissima» sottolinea, di un amico speciale: Marco Pedde. Lui, in tuta azzurra, naturalmente, che ha vicino, a bordo di questo furgone-navicella spaziale, il figlio di dieci anni armato di tablet, quinta elementare, uno scricciolo sveglio e sempre pronto alla battuta. Oltre che a captare le parole e leggere superveloce il labiale del padre, mentre lo staff dei compagni di viaggio qualche volta tentenna appena, può capitare.

Con il dottor Paffi c’è anche uno dei figli, quarta elementare, che lega e stringe subito amicizia con il piccolo Pedde, tanto che i due non la smettono un secondo lungo i 120 chilometri tra Nuoro e Sassari. Un’ora di macchina per chiunque. Due ore abbondanti per Marco malato di Sla, che pure conosce bene la 131 dcn e la Carlo Felice. «Passiamo per Ottana» sussurra da dietro. Quella deviazione l’ha fatta chissà quante volte quando era all’università, facoltà di Scienze politiche, laurea conseguita nella sessione primaverile del 1997 con una tesi sulle prerogative dei consiglieri regionali discussa con il professor Camillo Troisio. Undici anni dopo sono arrivate le prime avvisaglie: la mano e il braccio sinistro non rispondevano più come lui avrebbe voluto.

Marco lavorava con il padre, nel minicaseificio di famiglia. Più tardi ha aperto un bar, al Centro commerciale di Pratosardo. La situazione è degenerata, anche abbottonarsi la camicia era diventata un’impresa impossibile. Nel 2010 la certezza: sclerosi laterale amiotrofica. Neanche il tempo di pronunciare l’acronimo e Marco Pedde si ritrova tracheostomizzato e in una carrozzina. Tutta un’altra vita. Un altro modo di vedere il mondo. La scorza è sempre la stessa, comunque, la voglia di vivere una vita normale è quella di sempre. Marco non vuole morire in casa, vuole uscire e continuare a uscire e a battagliare. Magari a subire i crateri dell’asfalto di mezza Sardegna come fa ora che trotta a sessanta, settanta chilometri l’ora verso Sassari, verso la sua Dinamo.

Con l’équipe personale al seguito, con Demetrio, Massimo e Peppino pronti a entrare in orbita pur di stare fianco a fianco con un amico del cuore. Un viaggio già fatto lo scorso maggio, con altri amici. Allora la Dinamo giocava con l’Armani Milano e a vincere furono proprio i giganti dell’Armani Milano, miseriaccia loro!, che il 4 maggio hanno chiuso 88 a 78. «Eh, ma stavolta ricordati che alle 21 smonto: e io ti mollo» ride Massimo Buttitta, ancora prima di arrivare al bivio di Giave, ma già sa bene quante ore in più ci vorranno per regalare una serata normale, «normalissima», a Marco Pedde malato di Sla e tifoso degli spilungoni sassaresi. A due passi due da lui, a bordo campo, star tra le star nel PalaSerradimigni di piazzale Segni. Cinquemila fan dei biancoblù, riscaldamento tra le note di “Urlando contro il cielo” di Ligabue. Lo stesso cielo che David Logan tocca con un dito, ogni volta che fa canestro contro l’Enel Basket Brindisi. E ogni volta gli occhi di Marco Pedde schizzano e rimbalzano come la palla, quanto è vero Iddio che Marco è inchiodato immobile a una carrozzina che regge i suoi muscoli atrofizzati.

Ottantasette a 78 il risultato finale, una bella rivincita per un tifoso che ha lo sport nel sangue e nessuna voglia di arrendersi, tanto meno sotto canestro. «Strepitosa» dice Marco di questa Dinamo magica. «Nei primi due quarti soprattutto, poi ho avuto paura che perdesse». «Il migliore in campo? Senza dubbio: Logan» sentenzia. Festa tra amici, foto ricordo con i campioni del Banco e via, di nuovo in viaggio, viaggio di ritorno a casa, a Nuoro. Partenza alle ore 23. Arrivo in viale della Repubblica all’una e venti. I familiari sono lì pronti a riceverlo.

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