La Nuova Sardegna

Nuoro

Cane trascinato e ucciso, l’allevatore va a processo

di Valeria Gianoglio
Cane trascinato e ucciso, l’allevatore va a processo

La Procura chiude le indagini ed emette il decreto di citazione diretta a giudizio Sei associazioni di amici degli animali sono pronte a costituirsi parte civile

03 luglio 2014
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NUORO. Indagini chiuse a tempo record e decreto di citazione diretta a giudizio. La Procura, in queste ore, ha deciso che Giuseppe Piredda, l’allevatore accusato di aver ucciso qualche mese fa, trascinandolo con una corda attaccata alla sua auto, un cane nella campagne di Irgoli, debba affrontare al più presto un processo. La data dell’udienza deve ancora essere fissata ma il giudice competente sarà il giudice monocratico. Indagini chiuse, dunque, e prove raccolte. Per la Procura, insomma, non ci sono punti oscuri o aspetti sui quali ancora scavare, nella triste vicenda che lo scorso 5 aprile aveva sollevato molte polemiche e scatenato decine di reazioni, soprattutto da parte degli amanti degli animali e di diverse associazioni.

Le stesse associazioni che subito dopo la denuncia dell’allevatore avevano annunciato che si sarebbero costituite parte civile in un eventuale processo e che adesso, dopo l’avviso di chiusura delle indagini e il decreto di citazione diretta a giudizio sono indicate come persona offesa. E sono ben sei associazioni: la presidente della sezione di Alghero della Lega nazionale per la difesa del cane, Eva Bianchi, la presidente dell’Enpa, Carla Rocchi, la Lega anti-vivisezione onlus, il presidente dell’Anpana, Francesco Pellecchia, la Lega anti-vivisezionista, il vicepresidente della Lega anti-vivisezione, Roberto Bennati.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del nucleo radiomobile di Siniscola e dalla Procura, lo scorso 5 aprile, l’allevatore di Irgoli, Giuseppe Piredda, «con crudeltà e senza necessità, cagionava la morte di un animale, segnatamente un meticcio di circa otto mesi che legava, tramite una fune, al proprio autoveicolo, per poi trascinarlo, ad elevata velocità, sul manto stradale». La Procura ha contestato all’uomo anche l’aggravante di aver commesso il fatto insieme a un minorenne. L’allevatore, dal canto suo, in questi mesi, davanti agli inquirenti ha detto la sua. Assistito dall’avvocato di fiducia, Gianfranco Careddu, ha spiegato che la sua, quel giorno, era stata certamente un’operazione maldestra ma che non aveva affatto come obiettivo quello di uccidere il cane. «Quel cane – ha spiegato Piredda – non era mia, ma un randagio che da tempo imperversava nella zona e uccideva il bestiame. Io, quel giorno, l’ho beccato mentre azzanava una mia pecora. Per questo, ho deciso che avrei dovuto allontanarlo subito da quella campagna. Così, l’ho legato alla fune e ho cercato di allontanarlo da là». Certo è che durante il percorso, l’auto esce fuoristrada e il cane muore. E nel frattempo una gazzella dei carabinieri si era accorta di tutto e aveva inseguito l’allevatore. Per questo, all’uomo è stato contestato anche il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Piredda, dal cantosuo, ha sempre affermato di non essersi accorto della presenza dei militari, e che in ogni caso non stata affatto fuggendo.

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