La Nuova Sardegna

Nuoro

Giudice di pace, i sindaci interpellano il ministro

di Tito Giuseppe Tola
Giudice di pace, i sindaci interpellano il ministro

Macomer, pronti a sostenere il costo per i locali e i servizi della struttura Resta il dilemma sul personale e sulle spese legate al patto di stabilità

29 aprile 2014
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MACOMER. Il sindaci dell’Unione dei Comuni del Marghine, ai quali si sono uniti quella della Planargia, sono pronti a farsi carico dei costi per i locali e i servizi necessari per il funzionamento dell’ufficio del giudice di pace, ma per quanto riguarda il costo del personale chiedono di sapere se dovranno procedere all’assunzione di nuovi addetti e in che modo, dato che le assunzioni (comprese quelle a tempo determinato nei cantieri) sono bloccate dalla legge. Nel caso in cui fosse possibile assumere si porrebbe poi un altro problema, quello del patto di stabilità. I costi del personale rientrano nel conteggio per il mantenimento degli equilibri di bilancio o contribuiscono a farli saltare? Sono questi i quesiti che i sindaci del Marghine e della Planargia, ai quali potrebbero unirsi quelli dell’alto Oristanese interessati al problema del mantenimento in zona di un ufficio del giudice di pace, porranno al ministro della Giustizia attraverso un interpello, uno strumento attraverso il quale organismi associativi, tra i quali le Unioni dei Comuni, possono porre quesiti di ordine generale sull’applicazione delle norme di competenza dei ministeri. Direttamente al ministro si rivolgeranno invece con interrogazioni affidate ai parlamentari della zona. Della disponibilità dei comuni a mantenere l’ufficio del giudice di pace a Macomer per garantire a tutti i cittadini il diritto a un equo processo si è parlato ieri a Macomer. Chiudendolo si costringeranno i cittadini a rivolgersi agli uffici di Oristano con costi che non tutti possono permettersi. «Lo Stato – ha detto il presidente dell’Unione della Planargia e sindaco di Suni, Demetrio Cherchi, – non è la Fiat che se non vende un numero di auto stabilito chiude la linea di produzione». Il presidente dell’Unione Marghine, Tore Ghisu, ha detto che il territorio risponde positivamente alla domanda dello Stato sul mantenimento del servizio (si deve rispondere entro 15 giorni), ma vuol sapere come. «Siamo pronti a dare i locali e a pagare le spese di gestione – ha detto –, ma rimane il problema del personale, che è a carico degli enti locali. Le assunzioni sono bloccate e le norme vigenti rendono impraticabile la proposta del Ministero». Per il sindaco di Macomer, Antonio Succu, si tratta di condizioni capestro. «Lo Stato – ha detto – è di un’efficacia formidabile nel togliere risorse ai Comuni ed è altrettanto pronto a imporre loro spese che non gli competono perché servizi come quelli legati alla Giustizia sono di competenza dello Stato». Luigi Daga, sindaco di Sindia, ha spiegato che allontanando gli uffici giudiziari l’utenza si ritroverà a sostenere costi eccessivi anche per banalità e sarà costretta a rinunciare alla giustizia.

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