La Nuova Sardegna

Nuoro

Il pane nuragico rivive a Tanca Manna

di Gianluca Corsi
Il pane nuragico rivive a Tanca Manna

Tanti curiosi hanno partecipato al debutto dell’archeologia sperimentale. Lapia: «Vogliamo valorizzare quest’area»

20 aprile 2014
3 MINUTI DI LETTURA





NUORO. C'era un brulicare inconsueto, ieri mattina, vicino al nuraghe sul colle di Tanca Manna. Sembrava quasi di rivivere lo spirito “fabbrile” dell'età del bronzo, quando – ai piedi dell'Ortobene – prosperavano i primi nuoresi dei quali la storia ha lasciato traccia. E da qualche tempo - grazie alla campagna di scavi finanziata dall’assessorato comunale all’Ambiente guidato da Luca Lapia, e gestita da un team di lavoro che fa capo al docente di Protostoria dell’università di Bologna, Maurizio Cattani - quei “proto-nuoresi” indaffaratissimi stanno iniziando a svelare non poche delle loro conoscenze e abitudini. Una tra tutte, l'antica arte della panificazione, che a Tanca Manna ha fatto risorgere dal passato utensili (terrine in ceramica, cucchiai in legno, ma anche pintaderas per il pane), forni a cupola – che ricordano vagamente i termitai africani - per cuocere l'argilla, altri in pietra per cucinare le antenate delle nostre gustose “paneddas”, fatte con “sa madriche”, il lievito madre (i nuragici lo conoscevano).

Ma anche metodi di cottura all'aperto, più limitati dal fattore “meteo”, che sfruttano la brace ardente e il surriscaldamento di particolari piastre in ceramica su cui veniva versato l'impasto un po' colloso e semplicissimo, fatto di orzo e acqua, della “proto-crepe” o “proto-piadina” nuragica. E i nuoresi, quelli del 2014, per nulla frenati dalla giornata ventosa e grigia d'aprile, sono accorsi numerosi sul colle. Molti di loro quasi non stavano nella pelle all'idea di poter assistere alle diverse fasi di lavorazione del pane nuragico, realizzato attraverso la ricostruzione scientifica di tecniche e oggetti venuti alla luce proprio a Tanca Manna. Bastava raccogliere un paio di commenti estasiati, in giro per il villaggio di Tanca Manna.

«Paren discos volantes», azzardava una signora avanti con gli anni, ma decisamente aggiornata in tema di ufologia e manga giapponesi anni Ottanta, nel vedere le terrine su cui veniva cotto il pane d'orzo. «Ricorda un po' le fornaci per la calce» commentava un altro signore a proposito del forno a cupola per la cottura degli utensili di ceramica, sigillato con pietre e argilla, che può arrivare a raggiungere gli 850 gradi e “cuoce” la ceramica per un minimo di 5 o 6 ore. Insomma: tanta gente comune coinvolta come non mai, e conquistata dalle spiegazioni dell'archeologo Demis Murgia, dell’archeologo sperimentalista Pino Pulitani, dello stesso professor Maurizio Cattani e di Florencia Debandi.

Sono i miracoli dell'archeologia sperimentale, che – come hanno ben spiegato Demis Murgia e Pino Pulitani – «tenta di riprodurre attraverso gli esperimenti, nelle condizioni materiali più vicine possibili a quelle antiche, strumenti, oggetti, edifici; e di riprodurre anche le circostanze nelle quali gli stessi beni si sono degradati o distrutti». Per l'assessore comunale all'ambiente Luca Lapia, che ha curato l'evento in collaborazione con l’università degli studi di Bologna, la soprintendenza per i Beni archeologici della Provincia di Nuoro e Sassari, il Ceas Nuoro, l’università di Nuoro e Biosardinia, si tratta di «un bellissimo riscontro, che anticipa un progetto multi-settoriale di villaggio nuragico didattico, con tanto di laboratori sperimentali, fruibile, con l'adiacente rigoglioso parco, per 365 giorni all'anno».

E chissà che, davvero, i nuoresi del futuro possano ancora vivere appieno, rispettandolo, il primo grande monumento cittadino lasciato in dono dai loro avi.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Sanità

Ospedali, Nuoro è al collasso e da Cagliari arriva lo stop ai pazienti

di Kety Sanna
Le nostre iniziative