La Nuova Sardegna

Nuoro

Addio ai metalmeccanici, chiude la Quattro Emme

di Federico Sedda
Addio ai metalmeccanici, chiude la Quattro Emme

Ottana, mobilità per gli ultimi 33 lavoratori della storica impresa di Biancotto

28 novembre 2013
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OTTANA. Nella sede della Confindustria nuorese, hanno firmato, loro malgrado, le carte burocratiche per l’accettazione della mobilità. E, di conseguenza, anche quelle per il licenziamento. Un provvedimento ammorbidito dai cosiddetti ammortizzatori sociali che addolciscono l’amarezza e aumentano l’angoscia. Una firma obbligata, quella che hanno messo ieri i 33 lavoratori metalmeccanici della Quattro Emme di Ottana, che segnerà la fine di un’esperienza lavorativa durata trent’anni anni.

Sì, perché quest’impresa, a Ottana, ha fatto la storia. La Quattro Emme dell’imprenditore friulano Pietro Biancotto, giunto in Sardegna negli anni Settanta come operaio della Metalmeccanica del Tirso e trasformatosi poi in imprenditore, ha dato lavoro, nel corso degli anni, a centinaia di operai.

Fin dagli albori dell’industria chimica è stata il punto di riferimento delle manutenzioni interne di tutta la fabbrica: dalla centrale, all’acrilico, dal tereftalico al pet. Nel periodo delle fermate cicliche, quando c’era necessità di rimettere in sesto gli impianti, la Quattro Emme dava lavoro, tra fissi e stagionali, a duecento operai. Manodopera specializzata, la loro, che cresceva negli impianti di Ottana e si spostava poi negli altri cantieri della Sardegna e della penisola.

L’ultimo cantiere ad Arbatax, qualche mese fa. Tutto finito. La fine di un’epoca. Dal primo dicembre prossimo scatterà la mobilità per tutto l’organico.

Il 31 dicembre saranno licenziati anche gli ultimi quattro operai della Omi, l’altra impresa nata, insieme alla Simme, da una costola della Quattro Emme. Un’operazione di “spacchettamento” in tre che, alla fine, è servita solo ad allungare l’agonia. Nel giro di un mese, a Ottana, andranno a casa quaranta lavoratori. Rimarrà in piedi solo la Simme con 25 operai in cassa integrazione per tredici settimane, a partire dal primo ottobre scorso. Ma anche la loro sorte, senza commesse e con i cantieri chiusi, sembra segnata.

Una vera e propria carneficina di tute blu. Ultime vittime (spesso indifese) della crisi di Ottana. Che cerca di salvarsi chiudendo le porte ai più deboli. Quali, appunto, le imprese delle manutenzioni che sopravvivono con le commesse delle grandi aziende produttive. Senza quei lavori sono destinate a morire.

Il fenomeno è cominciato dieci anni fa con la chiusura di Enichem e Montefibre. L’effetto domino ha travolto le piccole imprese d’appalto. Ora è la volta della “storica” Quattro Emme che paga non solo la crisi del polo chimico, ma anche quella polo tessile che ha portato alla chiusura degli stabilimenti Legler di Macomer, Ottana e Siniscola dove l’impresa di Biancotto operava nel settore dei lavori metalmeccanici.

Il blocco delle manutenzioni di quel poco che resta in piedi della filiera industriale del centro Sardegna ha poi fatto il resto. La crisi si è acuita con l’avvento del gruppo Clivati, che, nel 2005, acquistò la centrale elettrica e nel 2010, in joint-venture con Indorama, gli impianti del pet (plastica per bottiglie).

Gli appalti per le manutenzioni meccaniche di questi stabilimenti si sono ridotti al lumicino. Il tutto in omaggio alla politica del taglio delle manutenzioni che fa risparmiare l’azienda e manda a casa gli operai specializzati delle imprese. Allargando così il confine del deserto intorno a quel che resta dell’industria di Ottana.

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