La Nuova Sardegna

Cagliari

Saras, campi inquinati «La Regione intervenga»

Saras, campi inquinati «La Regione intervenga»

Interpellanza della consigliera Claudia Zuncheddu sull’agricoltura a rischio Tiana, Legambiente: «La Asl faccia i controlli sui terreni, come a Portoscuso»

11 novembre 2013
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CAGLIARI. Si può fare agricoltura attorno a una zona industriale come Sarroch dove c’è la più grossa raffineria di petrolio del Mediterraneo, la Saras, e un insediamento dell’Eni che, più o meno al pari della Saras, non produce fiori? E’ la domanda che sorge spontanea dalla lettura dell’interpellanza presentata nei giorni scorsi alla giunta regionale dalla consigliera di Sardigna Libera Claudia Zuncheddu sul tema delle aziende agricole attorno alla Saras (la consigliera, però, non cita l’intera zona industriale, ma solo la raffineria). Come è noto in tribunale c’è già un causa per risarcimento presentata dalla famiglia Romanino Mura che quasi quarant’anni fa comprò un terreno vicino alla Saras per produrre i rinomati pomodori camona e da qualche anno ha smesso perché, tra l’altro, dagli esami fatti risultava che nel terreno, nell’acqua e sul tetto delle serre c’erano antimonio, arsenico, nichel, piombo, zinco nonché alluminio e piombo tutti in valori superiori alla soglia salva-salute stabilita dalla legge. «Quarant’anni fa di inquinamento non si parlava – spiega oggi Carlo Romanino – andavano molto le serre, ma adesso non possiamo più andare avanti, prima di fare causa ho mandato lettere all’Arpas e alla Asl, ma nessuno si è visto, e io non so se posso coltivare o no. Sono venuti solo dalla Provincia, hanno fatto un sopralluogo dove si sono limitati a scattare fotografie». Claudia Zuncheddu si rivolge alla giunta regionale perché su questa vicenda particolare e sull’intera questione dell’inquinamento industriale di Sarroch che va a scapito dell’agricoltura intervenga in modo urgente e definitivo. Chiede Zuncheddu se il presidente della giunta, l’assessore all’ambiente, l’assessore alla sanità e l’assessore all’industria «abbiano provveduto a interpellare i rappresentanti della Saras in merito ai danni registrati e ai risultati ottenuti dalle indagini e dalle perizie fatte circa le anomale percentuali di agenti inquinanti concentrati nelle acque e nel suolo... quale sia la posizione della Regione sul mancato rispetto dei valori soglia stabiliti dalla normativia in materia di inquinamento ambientale, nonchè di sicurezza e salute pubblica... nonché sulla mancata applicazione dell’articolo 2050 del codice civile in materia di “responsabilità per l’esercizio di attività pericolose”». In tribunale la Saras ha presentato le memorie con le proprie analisi dove si afferma che non c’è l’inquinamento lamentato dagli agricoltori, la famiglia Romanino Mura ha documentato la richiesta di risarcimento con gli esami ripetuti più volte dal giorno in cui, notando una corrosione accelerata delle canalette dell’acqua che non aveva spiegazione con un uso normale, si pagarono di tasca propria gli esami per capire cosa stava succedendo e scoprirono di essere circondati da un inquinamento insidioso che durava da anni se è vero «ogni tre anni cambiavamo le canalette», racconta oggi Romanino.Vincenzo Tiana delegato regionale di Legambiente dice: «Finora il sistema di controllo attorno alla Saras ha messo in evidenza inquinamento da polveri sottili, la Asl può approfondire i dati delle centraline con analisi sul terreno. A Portoscuso si è circoscritta un’area in cui non si può coltivare». (a.s.)

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