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Cagliari

Zona franca, la giunta ci crede. Gli artigiani: «Così non basta»

di Alfredo Franchini
Zona franca, la giunta ci crede. Gli artigiani: «Così non basta»

I dubbi delle imprese sull’iniziativa di Cappellacci: «La Regione non ha fatto i conti economici». Maninchedda (Psd’Az): «È un’opportunità solo se viene legata alle agevolazioni di tipo fiscale»

03 marzo 2013
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CAGLIARI. Zona franca, quanta confusione. La battaglia, storica, avviata con la scrittura dello Statuto che peraltro prevedeva solo l’istituzione di alcuni punti franchi, sembrava essere stata accantonata. Il difficile rapporto con lo Stato ma anche l’avvento della globalizzazione e dei cambiamenti dei sistemi economici avevano messo all’angolo il tema che è stato rilanciato, nelle ultime settimane, dalla giunta Cappellacci, sulla spinta di diversi movimenti. Le organizzazioni produttive la pensano diversamente e invitano la giunta alla prudenza: «E’ legittimo che su questioni di grande importanza, i movimenti, le persone, facciano delle proposte», afferma Filippo Spanu, segretario regionale della Confartigianato, «ma la politica ha un altro compito, quello di verificare la fattibilità delle proposte e cercare di metterle in pratica. Capire la portata e non illudere i cittadini. La Confartigianato ritiene grave da parte della Regione e anche di alcuni consigli comunali che su un tema così importante si facciano intendere cose che non esistono».

I dubbi sono di due tipi: la procedura avviata dalla Regione non è convincente «perché la norma dello Statuto con cui si istituiscono i punti franchi afferma che il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato» e l’altro dubbio sollevato dagli artigiani è sulla validità economica. «Si dà per scontato che la zona franca possa essere utile all’economia della Sardegna ma in realtà non è stato fatto alcun calcolo. Noi agiamo in regime di compartecipazione, (la cosiddetta vertenza entrate, Ndr), la Regione mette in cassa sette decimi dell’Irpef e nove decimi sull’imposta di fabbricazione». La zona franca consiste nel sollevare una porzione di territorio dai vincoli di carattere doganale per le merci. In pratica l’esenzione dell’imposta sul valore aggiunto farebbe diminuire l’attuale gettito che già ora non è sufficiente. Il presidente Cappellacci che ieri ha scritto una lettera al Commissario europeo per la fiscalità e l’unione doganale, Algirdas Semeta, per chiedere un incontro, ha sinora approvato due delibere per ricordare che la Sardegna ha diritto alla fiscalità di vantaggio essendo un’isola. Una tesi forte, questa dell’insularità, sostenuta anche dai sardisti ma non sufficiente: «La creazione della zona franca doganale», ha scritto Paolo Maninchedda in un documento, «rappresenta un’opportunità di sviluppo per la Sardegna, ma se non viene accompagnata con l’introduzione di agevolazione di tipo fiscale non è sufficiente a imprimere una svolta nello sviluppo eocnomico e sociale in Sardegna. Sono, infatti, le condizioni fiscali e finanziarie di vantaggio che possono creare reali condizioni di favore per attrarre gli investimenti nell’isola». Come dire: si può costituire un’Agenzia regionale delle entrate ma la Sardegna non può farcela ad andare avanti con questo tipo di entrate. «Un articolo del codice doganale», precisa Spanu, «prevede che se ci fosse la zona franca qualsiasi nuova costuzione debba avere il placet dall’autorità doganale. Per le imprese sarebbe un manicomio burocratico».

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