La Nuova Sardegna

Cagliari

I partiti: tutta da rifare l’agricoltura sarda

di Giampaolo Meloni
I partiti: tutta da rifare l’agricoltura sarda

Elezioni, le proposte dei vari esponenti politici: dal marchio di qualità all’università del gusto

06 febbraio 2013
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CAGLIARI. Come affrontare i nodi del sistema agricolo sardo in ginocchio su tutti i fronti? Le formazioni che si presentano alle elezioni politiche hanno varie ricette ma la cura, almeno negli annunci di programma, trova tutti concordi: è urgente una rivisitazione profonda. Sostegni certi alle imprese per fare sì che chi lavora sulla campagna conquisti un ruolo nuovo nelle capacità produttive, nella costruzione dell’economia e di un lavoro moderno.

La qualità del prodotto è l’obiettivo che Giovanna Sanna (Pd), candidata alla Camera, indica: «Vini, olio, formaggi a denominazione di origine. Per il settore suino occorre puntare soprattutto all’eradicazione totale della peste suina, altrimenti non si può rilanciare. Pensiamo alla sistemazione della filiera del grano duro e del carciofo spinoso, importanti per la nostra agricoltura. Proponiamo un marchio collettivo di qualità per certificare e difendere le nostre produzioni». C’è poi il nodo degli strumenti operativi: «È necessario – dice Sanna, nota docente di Sassari – rilanciare le funzioni delle Agenzie agricole che in Sardegna sono state mortificate con i commissariamenti, e che devono esercitare funzioni di controllo e formazione che sono loro proprie. Su questi percorsi si può restituire vitalità alle imprese, soprattutto per i giovani ai quali deve essere consentito un futuro lavorativo».

Franco Cuccureddu (Camera, Grande Sud, Mpa) ritiene che «l’agricoltura abbia una funzione strategica ma che possa averla solo se legata al nuovo modello di sviluppo impostato su turismo e ambiente non più sull’ assistenzialismo, come oggi avviene attraverso i soldi della Regione. Un ruolo chiave si potrà costruire con la riscoperta delle attività tradizionali più legate al territorio, dal vitivinicolo all’oleario, dalle orticole fino all’allevamento. Prevediamo che la Regione si limiti a regolare i progetti non a risolverli». Un esempio? «L’Ente foreste – dice Cuccureddu, già sindaco di Castelsardo e consigliere regionale – dovrebbe sparire e le funzioni assegnate ai Comuni. A quel punto, è essenziale riconoscere agli agricoltori una funzione sociale, fino a ritrovare la remuneratività del settore». Campi e pesca stanno uniti secondo Antonello Pirotto (Camera, Rivoluzione civile): «Mare inquinato, eppure abbiamo il transito del pregiato tonno rosso ma non è possibile pescarlo perché l’Europa ci impone le quote, ridotte, e quelli che passano di quà li dobbiamo portare a Malta per l’ingrasso. Non solo ci tolgono l’industria, non solo la crisi dell’agricoltuta ma non possiamo utilizzare neppure quello che ci dà la natura. Anche la pesca del tonno può dare occupazione e fare economia. Siamo al paradosso, alla vergogna». La campagna va recuperata anche su altri fronti, dice l’operaio dell’Eurallumina, simbolo della protesta sulcitana con il suo elmetto grigio: «Troppi spazi dell’interno e sulle coste dell’isola sono rubati all’agricoltura e al turismo perchè destinati ai poligoni militari. Noi siamo contrari agli armamenti e queste aree devono essere restituite all’utilizzo e a beneficio dell’agricoltura, dopo essere state opportunamente bonificate».

La sovranità alimentare come elemento di difesa dell’Autonomia speciale, è la strada indicata da Emanuela Corda (Camera, Movimento 5 stelle): «Accanto – spiega la candidata scaturita dalle “parlamentarie” del movimento di Grillo – ci sono il turismo ecologico e la chiusura dei poligoni militari per riconquistare spazi per le attività agricole locali. Obiettivo è la filiera produttiva corta, del chilometro zero, per dare sostegno all’economia locale. Non un aiuto alla grande distribuzione ma al consumo consapevole». L’Agenda Sardegna del Movimento 5 stelle integra anche nel miglioramento dell’agricoltura il No al progetto Eleonora, ossia le trivellazioni per la ricerca del gas naturale previste dalla Saras nell’Oristanese.

Al binomio terra e scienza pensa Bruno Murgia (Camera, Pdl): «La mia fissazione è che a Nuoro possa nascere l’Università del gusto, del turismo e dell’agroalimentare, a beneficio dell’intera isola. Sul modello di quella del Piemonte. È questa la chiave di volta per valorizzare la cultura, potenziare e ammodernare l’assistenza tecnica, insomma l’Università sarebbe un’istituzione importante per costruire il nuovo concetto dell’agrolimentare in Sardegna». Già consigliere regionale, un padre direttore per 35 anni dell’Unione coltivatori, Murgia afferma: «Ricerca, innovazione, studio, istruzione sono gli elementi su cui puntare. Non credo si possa uscire dalla crisi del settore investendo le solite risorse a pioggia. Dobbiamo favorire la nascita di un cibo con il marchio della Sardegna».

Pensa a un cambio radicale del sistema Andrea Prato (Senato, Psd’Az): «La nostra proposta si chiama riforma agraria. Per riformare l’agricoltura ci sono due parole chiave: aggregazione e diversificazione, processi che la modificano sostanzialmente. Attraverso ciò il mercato sarà pronto a recepire ben più di quel che si consuma. Finché le aziende saranno divise gli operatori preferiranno acquistare da fuori». Come fare aggregazione? Insieme per affrontare il mercato, è il messaggio alle 34 aziende sarde produttrici ma sempre divise, che arriva dall’ex assessore regionale dell’Agricoltura: «La diversificazione? In Sardegna abbiamo due tipologie di formaggi prodotti con il 70 per cento del latte sardo. Un formaggio nuovo, duro e delicato che riprenda la fetta degli acquisti orientata sul grana padanoreggiano».

La svolta è nella Zona franca, secondo Antioco Patta (Camera, Lega Nord): «Innanzitutto deve essere coinvolta l’Unione europea, per ovvie ragioni di aiuti e sostegni e vanno individuati assi di lavoro con altri Paesi per risollevare la grande tradizione dell’Italia in questo settore. Ma occorre cambiare qualcosa rispetto alla situazione attuale: la Zona franca, il turismo possono essere due strade. Va allargato il campo d’azione, puntare alla qualità, alla salubrità». Cosa deriverebbe dalla Zona franca? «Cambierebbe il versante dei costi: aprirebbe le porte verso i mercati e il potenziamento interno». Patta, segretario della Cisl oristanese, indica un versante nuovo nel Mediterraneo, «con le grandi potenzialità di esportazione verso i Paesi musulmani che hanno grande bisogno dei nostri prodotti dell’agrozootecnia», con anche «l’importante rilancio per il sistema dei trasporti».

Bustianu Cumpostu (Senato, Indipendenza per la Sardegna Soberania) sposta i tasselli del mosaico tradizionale: «L’agricoltura è uno dei settori nei quali crediamo si possa investire tanto e progettare per trasformare i lavoratori delle aree di crisi in nuova impresa. Oggi importiamo nell’isola l’80 per cento dei prodotti agricoli, basterebbe coprirne da noi il 50 per cento per avere un risultato apprezzabile» Come fare per agevolare le imprese? «Occorre – risponde Cumpostu – una fiscalità di vantaggio che riesca a coprire le diseconomie che ci sono nel settore. Una misura articolata e finalizzata alla copertura delle sofferenze. Questo permetterebbe non solo di risollevare l’agricoltura ma sarebbe anche uno sfogo per la crisi del settore industriale». In che modo arrivare all’alleggerimento fiscale? «Dovrebbe essere la Regione – dice Cumpostu – a chiedere allo Stato l’adozione delle misure di agevolazione. Non si capisce perchè nelle regioni ordinarie la fiscalità di vantaggio sia riconosciuta e applicata mentre in quelle a Statuto speciale no».

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