La Nuova Sardegna

La vita in fumo sul filo sottile di un Toscano 

di MASSIMO ONOFRI
La vita in fumo sul filo sottile di un Toscano 

Il nuovo libro di Massimo Onofri per la Nave di Teseo Un diario accompagnato dall’aroma del sigaro

17 giugno 2017
4 MINUTI DI LETTURA





Stanotte, 18 novembre 2015, l’aria è dolcissima ad Alghero. Ci sono anche le stelle: e non c’è nemmeno umidità. Una brezza tiepida arriva dal mare che rumoreggia. Non si andrebbe a dormire più, ora che, placato, finalmente fumo il mio Antico Toscano. E perché dovrei, se, finalmente, nulla o nessuno mi obbliga? Mario Soldati lo sapeva bene e lo ripeteva: siamo troppo deboli per rinunciare a questo velo impalpabile e profumato che stendiamo tra noi e la tragedia, qualche volte atroce, del vivere. A non fumare si rischia troppo.

19 novembre, ore 01.05

Meno stelle stanotte: ma il cielo va aprendosi e l’aria qui ad Alghero, a differenza di Sassari, resta sempre tiepida. Io sono solo, finalmente sciolto da ogni vincolo sociale. In Guerra e pace Tolstoj fa dire a un uomo sposato: «Un marito può forse amare la propria moglie? Io non ti amo… E tuttavia se mi vedo solo senza di te mi sento perduto, non sono più buono a nulla. Amo forse il mio dito? Evviva, dunque! Io non lo amo. Ma se si tenta di tagliarmelo…».

Si tratta del punto di vista del grande russo o di quello del suo personaggio? Potrei rispondere che Tolstoj è l’autore della fosca tragedia della gelosia che porta il nome d’una inaudita sonata di Beethoven (senza dire di Anna Karenina), e che, pochi giorni prima di morire, ottantaduenne, stanco d’una moglie invadente e petulante, ma anche d’una famiglia minata da sospetti gelosie e rivalità, fugge da casa per andare a morire nella sperduta stazione di Astàpovo. Nessuno, forse, come Tolstoj, ha saputo raccontare l’orrore quotidiano degli amori coniugali infelici. Resta insomma il sospetto che, per lui – se una moglie può essere paragonata nel migliore dei casi a un dito –, il matrimonio sia un’istituzione naturale e necessaria, ma mai veramente felice. E che la felicità stia soltanto, appunto, in un’infrazione subitanea ed eclatante, nell’adulterio insomma: del tutto illusorio e rovinoso, per altro. Non se ne esce mai bene, comunque la si giri. È la vita: e cioè tutto ciò che dobbiamo patire.

20 novembre, ore 04.18

Dice che sta arrivando Artica: ad abbassare le temperature finanche di 15 gradi. Qui ad Alghero continua la mite accondiscendenza dell’aria: con le stelle appena intorpidite. Lavorato da stamattina abbastanza presto, ininterrottamente. Ma ho anche incontrato interessanti persone: e, senza volerlo, belle e sorprendenti ragazze. A cena tardi, a Sassari, all’Asfodelo, con bottarga e pomodori, insolentemente accompagnati da ravioli al ghisadu di pecora. E poi Ini, la Beatrice di Passaggio in Sardegna che, inaspettatamente, si epifanizza. Fumo l’Antico Toscano. Sto bene qui: sono contento di vivere in Sardegna. Anche quando una lontana fotografia accende la mia malinconia.

20 novembre, ore 13.00

Stamani, dalla tabaccaia di piazza Sulis per comprare qualche accendino, ci sono andato con il delizioso librino di Salvatore Ferlita: Non per viltade. Papi sull’orlo di una crisi, per risfogliarlo sui bastioni. Ecco: le dimissioni di papa Ratzinger. La rivoluzione mite di papa Bergoglio. Eventi sconvolgenti e epocali. Non si può dire, però, che la letteratura non fosse preparata. Ce lo dimostrano queste pagine. Basterà ricordare lo straordinario Roma senza papa di Guido Morselli, pubblicato postumo nel 1974, in cui il mite e austero pontefice d’invenzione – uno straniero, come i nostri ultimi due e realissimi – Giovanni XXIV, succeduto all’abdicatario Libero, trasferisce la sede papale da Roma a Zagarolo. O ritornare agli inizi del secolo scorso, nel 1912, quando il futurista Filippo Tommaso Marinetti dà alle stampe in Francia il romanzo in versi liberi Le Monoplan du Pape ove è lo stesso poeta – sempre euforico, sempre esclamativo nelle sue granitiche certezze – a dirigersi in volo verso il Vaticano, per stanare la «grossa foca verniciata di candore d’avorio e di luce divina». Per non dire di Ignazio Silone e di Carlo Emilio Gadda, impegnati a riscattare Celestino V da quell’oltraggiosa condanna di Dante, sempre che il sommo poeta pensasse proprio al suo di «gran rifiuto». Un libro per riflettere, magari il prossimo Natale, sulla più longeva autorità terrena vicaria dell’invisibile, vi si creda o no.

21 novembre, ore 02.22

Arrivo ora da Sedilo, dove, per la presentazione di Passaggio in Sardegna, ho trovato ad accogliermi i ragazzi ventenni – soprattutto gentilissime ragazze, a dir la verità – della consulta giovanile comunale. Bellissima serata: con la sorpresa di Umberto Cocco, noto e autorevole giornalista sardo, intellettuale finissimo, che mi ha accompagnato affettuoso e dialettico nella performance. Qui ad Alghero il cielo è, per il momento, ancora sgombro: le stelle miopi e lontane. E c’è il maestrale: che in inverno è la colonna sonora della città. Stasera rumoreggia come un vino novello appena fermentato, per perdersi nell’entroterra, a pochi chilometri dal centro abitato. Sul balcone, seppure tra qualche capriccio, mi consente di fumare l’Antico Toscano, mentre mi abbandono a qualche momento di bovarismo quotidiano, tra una fantasticheria e l’altra, solum meum.

© 2017 La nave di Teseo editore, Milano



In Primo Piano
Elezioni comunali 

Ad Alghero prove in corso di campo larghissimo, ma i pentastellati frenano

Le nostre iniziative