La Nuova Sardegna

Indagine su un delitto per scoprire una città 

di Alessandro Marongiu
Indagine su un delitto per scoprire una città 

Da oggi in edicola il romanzo “Metropolis” di Flavio Soriga 

09 giugno 2017
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Il capitano dei carabinieri Martino Crissanti fa su e giù per Cagliari, quasi senza sosta, attraversando quartieri, vie, vicoli, locali pubblici, abitazioni private. Di qua e di là a bordo della sua Vespa, o dell’auto di servizio, o come passeggero sulla macchina di un conoscente o di un cantante famoso – il suo cantante preferito, in verità, che però non incontra per piacere, ma in quanto persona informata sui fatti. Il continuo girare per il capoluogo ha principalmente questa motivazione: cercare qualcuno che possa essere definito “informato sui fatti”, e poi testimoni e presunti criminali, perché c’è da scoprire chi abbia ucciso Giulia Hernandez di San Raimondo in una cabina del lido Karalis, a tarda notte, con trenta e passa coltellate. L’impegno che si deve a ogni inchiesta in questo caso pare da centuplicare, visto che gli Hernandez hanno una storia lunga di secoli in città e più di qualcosa ai piani alti contano ancora oggi: e per la gloria trascorsa, e per la ricchezza attuale. Donna travagliata, la vittima: frequentazioni non sempre consigliabili, velleità artistiche, conflitti irrisolti con i genitori, percezione che i beni materiali di famiglia fossero una colpa da espiare, e conseguente espiazione nella forma scontata di prestiti, opere caritatevoli, elargizioni, conti cointestati con questo e con quello. Per sapere ciò che gli serve sulla defunta, e avvicinarsi così a movente e assassino, Crissanti parla con un gran numero di persone: il celebre musicista Valdemaro Cristobal, il giornalista Alberto Fiori, lo scrittore Aureliano Demontis, il vecchio docente universitario e amico Bacchiddu, il tuttofare di casa Hernandez Ignazio Angioni, e ovviamente gli stessi Hernandez al gran completo: il patriarca Don Mariano, la sua triste moglie, la cognata gallese di Giulia. Persone le più disparate, dunque; ma sarà forse perché ispira fiducia, o per via del suo cognome, che tra una metà e l’altra rimanda doppiamente ad affari religiosi, fatto sta che tutti gli si presentano dinanzi e danno vita a lunghi monologhi: come se lui fosse un confessore, appunto. E non ce n’è uno che si limiti a dire la sua su Giulia, anzi: ognuno gli parla di sé e dei casi suoi, in primis, persino il procuratore Marrocu, che intervalla gli aggiornamenti sulle indagini con il racconto circa i problemi della figlia, giovane dei nostri giorni con fidanzato potenzialmente pericoloso.

Poi, esaurita la questione “omicidio”, i confessanti, senza esclusione, passano a un altro argomento che pare premergli supremamente, senza distinzioni: Cagliari. Com’è, come non è, com’era, come potrebbe o dovrebbe essere. Ed ecco che all’inchiesta su una morte violenta, nel corso di “Metropolis” di Flavio Soriga, da oggi in edicola con La Nuova Sardegna per la prossima uscita della collana “Maestri sardi del giallo”, se ne sovrappone una seconda: che è quella, a ben leggere tra le righe, predominante, e riguarda l’anima di Cagliari e dei suoi abitanti. Crissanti del resto non potrebbe essere un catalizzatore migliore per delle riflessioni a voce alta sul capoluogo, lui che, barbaricino, vi abita da dieci anni e ne ha capito qualcosa, ma pur sempre ancora poco.

Cagliari è la vera protagonista di questo romanzo, uscito in prima edizione per Bompiani nel 2013, e il capitano che la percorre in ogni direzione, su ogni mezzo, alla ricerca di indizi per dare un’identità al carnefice di Giulia Hernandez, sta in realtà cercando, magari anche senza rendersene conto, di venire a capo di un differente genere di mistero: la natura profonda di una città – una città anfibia, proiettata verso l’esterno grazie al suo mare ma con propaggini e diramazioni che si estendono anche verso l’interno; una città che fuori dall’isola sarebbe un centro di dimensioni medio-grandi, in cui succede ciò che succede negli omologhi centri del resto d’Italia e d’Europa, ma che nel contesto della Sardegna equivale a una capitale; una città con le sue contraddizioni e le sue ferite aperte, a partire da quel quartiere di Sant’Elia che si contrappone in maniera vistosa alle ville e agli appartamenti della buona borghesia aperti alle feste serali: «File e file di palazzi pensati, disegnati e costruiti come opportunità per i più poveri, e che avevano finito per diventare la loro gabbia, il loro recinto, la loro prigione, secondo alcuni non molto meno brutta, e crudele, della prigione vera».

In soccorso di uno spaesato Crissanti arriva perfino l’appuntato Di Rienzo, uno che conta come straniero, essendo di Pavia e per giunta con padre «terrone». «Lo sa cosa ha di bello Cagliari?», chiede Di Rienzo al superiore, e a quello, che non lo sa, riescono a venire in mente solo faccende climatiche, dal Mediterraneo «che tutto avvolgeva e con dolcezza» alla «mitezza degli inverni», alla «spietata lucentezza dei pomeriggi» e così via. La spiegazione dell’appuntato – non la si rivela qui, naturalmente – forse non convince del tutto il capitano sul piano della verosimiglianza, ma non gli dispiace: è un ulteriore tassello positivo che contribuisce a comporre il mosaico di questa città che ormai ama e sente come sua. La città in cui coltivare un amore definitivo, e in cui un domani crescere un figlio.

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