La Nuova Sardegna

L’itinerario del Professore nella storia

di Manlio Brigaglia
L’itinerario del Professore nella storia

Il ricercatore Salvatore Mura ricostruisce in un libro il percorso politico e istituzionale del grande politico sassarese

22 maggio 2017
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di Manlio Brigaglia

Mi è capitato di dirlo anche all'autore, Salvatore Mura: la copertina di questo suo Antonio Segni. La politica e le istituzioni, appena pubblicato dal Mulino, è molto bella, il viso del Professore la domina tutta, rivolto in piena luce verso il lettore, ma con uno sguardo che ha qualcosa, non mi ritrovo un'altra parola, di mefistofelico. Sarà un'illusione ottica, una mia impressione: non me la so spiegare.

Certo che in questa foto pure così bella e profonda Segni non somiglia all'idea del Segni che ci siamo fatti non solo noi sassaresi, ma, se mi è permesso, neppure noi storici (fatti salvi quelli che la pensano diversamente). Del resto, lo chiamavano “il malato di ferro”: che voleva dire che quel suo essere magro, quasi filiforme, quella sua sciarpa bianca onnipresente a dispetto del mutare delle stagioni rendevano l'idea dell'uomo debole, ma non ci voleva molto a capire che, dentro, lui aveva uno scheletro morale che gli permetteva duri progetti e ferree decisioni.

Le lettere ai politici. Nelle sue carte, ora conservate in gran parte (ma non tutte, perché ce ne sono sparse in tanti archivi: ma per quello che riguarda il sottotitolo del libro, la sua animata vicenda nella politica e nelle istituzioni, Mura le ha viste tutte) nel Dipartimento di Storia dell'Università di Sassari, c'è un folto grumo di corrispondenza che ne ritrae fortemente il carattere. È uno scambio di lettere con Moro e Fanfani, uno presidente del Consiglio, l'altro segretario del partito, ai quali Segni espone il suo desiderio di estendere a tutto il territorio italiano la riforma agraria, di cui nel 1950 e nel 1051 erano stati approvati dal Parlamento due "stralci", sostanzialmente destinati a una parte minore di tutta la campagna italiana, la Sila e, con al creazione dell'Etfas, la Sardegna. Bene, Segni voleva arrivare a ricoprire l'intera Italia rurale di quei provvedimenti destinati a ridare vita all'agricoltura, terra ai contadini, sollievo al diritto dei lavoratori della campagna a un destino meno duro.

Quelle lettere non si leggono senza emozione: Moro e Fanfani quasi cinicamente insofferenti, rigidi nel rifiuto della proposta, Segni serenamente insistente nelle sue ragioni: ribattendo punto su punto, e intanto pubblicando sui giornali i punti essenziali del suo progetto: pubblicando nel senso di rendere pubblici, portare al lettore-elettore comune quel disegno che gli altri due leader respingevano, per una serie di motivi facili da immaginare: la paura di perdere i voti della destra agraria, qualche perplessità del Vaticano, l'onda nemmeno tanto sorda di malumori che avevano accompagnato l'approvazione delle prime due leggi.

Difficile leggere quelle lettere senza commozione: commozione per la forza con cui l'uomo, che si sa perdente, tampina i due colleghi, commozione per la calma con cui ribatte alle loro obiezioni senza deflettere dai suoi punti di partenza. Leggendo viene subito da paragonare questo Segni ora alle sue Termopili con il Segni, professore autorevolissimo di Procedura civile, che individuava dentro il sistema delle leggi italiane le tecniche per. sottrarre la riforma alla rabbia dei rentier, tagliandogli la possibilità legale del ricorso al Consiglio di Stato.

Interpretazione articolata. Se mi sono soffermato su questo episodio è perché lo stesso Mura, nelle ultime righe delle 500 pagine del suo lavoro, sembra prendere coscienza della difficoltà di dare un giudizio sintetico e definitivo su Segni, al punto da proporre non soltanto altri studi ma una “interpretazione articolata”. Salvatore Mura, 33 anni, è un ricercatore dell'Università di Sassari che è oggi il massimo conoscitore della vicenda politica e istituzionale di Segni. Lo studia ormai da dieci anni, ha curato il suo Diario (il Mulino, 2012) e un'antologia degli Scritti politici (Cuec, 1013), ora questo libro è il punto d'arrivo della lunga fatica.

Anche se il vero punto d'arrivo, a stare a quell'ultima riga del libro, andrebbe spostato anche più avanti, è difficile non partire da questo lavoro di Mura che resta fondamentale nella ricostruzione della presenza di Segni nella politica italiana.

Antonio Segni è stato undici volte ministro, due volte presidente del Consiglio (1955-57 e 1959-60) e infine presidente della Repubblica (1962-64). È stato l'artefice delle leggi di riforma fondiaria; ha fatto nascere la Corte costituzionale, passo fondamentale per l'attuazione della Costituzione; ha firmato a Roma i trattati istitutivi della Comunità economica europea, e ancora molto altro. Eppure, sino a pochi anni fa, non c'erano a disposizione molti studi sulla sua figura e la sua opera. In particolare non c'era una biografia “politica”.

L’itinerario del Professore.Questo libro di Mura propone una ragionevole ricostruzione dell'itinerario del Professore nella storia italiana: all'inizio favorevole alle riforme, quasi un “cristiano sociale”, sia pure con una moderazione che tiene insieme la sua prudenza di cattolico e la sua conoscenza delle leggi, poi, prima del giro degli anni Sessanta, verso un ripiegamento conservatore, preoccupato anche che l'intesa con il neutralismo socialista possa portare l'Italia fuori dell'ombrello della Nato: pure uomo di larghe vedute, Segni non ha mai dubitato della clausola non scritta ma onnicogente della conventio ad excludendum contro il partito che aveva avuto una parte fondamentale nella lotta contro il nazifascismo e nell'avvento della democrazia repubblicana.

Il malore che lo coglie nell'afoso luglio del 1962 ci toglie la possibilità di inventare la continuazione di quella vicenda: ma il ritratto proposto da Mura resta molto convincente e segnala l'apparizione di un nuovo, credibile, intelligente studioso nel panorama della ricerca storica in Sardegna.

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