La Nuova Sardegna

A Baradili musica e parole per dire “restiamo”

A Baradili musica e parole per dire “restiamo”

Il centro più piccolo dell’isola ha ospitato domenica la seconda e ultima tappa dell’iniziativa contro lo spopolamento

16 maggio 2017
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BARADILI. Il centro di Baradili è un piccolo gioiello: sembra quasi una Disneyland dei centri storici, con le facciate delle case con la pietra a vista, gli scuri in legno, i portoni aperti su ampi loggiati. Ma i segni dello spopolamento sono chiari, in un centro che si definisce con orgoglio il «paese più piccolo della Sardegna». Segni di quello spostamento che porta sempre più persone dalle zone interne alle aree urbane sulla costa. Ma c’è chi dice: «Fermiamoci qui, non abbandoniamo questi luoghi». C’è chi dice: «Freemmos». Sono quelli della Fondazione Maria Carta, insieme a tanti artisti ed esponenti del mondo culturale sardo che hanno aderito all’iniziativa di sensibilizzazione contro lo spopolamento.

Domenica Baradili ha ospitato la seconda tappa, dopo quella di aprile a Monteleone Roccadoria. Due luoghi simbolo dai quali urlare “Freemmos”, un neologismo che vuole indicare insieme il concetto di libertà e di fermezza nel non abbandonare i luoghi delle proprie origini. «Il progetto – spiega Leonardo Marras, presidente della Fondazione Maria Carta – mira a offrire un contributo al dibattito in corso sul fenomeno dello spopolamento che investe tante piccole comunità locali e tenere accesi i riflettori su questa tematica. Tante persone hanno aderito con entusiasmo e generosità all’iniziativa, che si auspica possa proseguire in futuro con nuovi appuntamenti».

Un momento centrale dell’incontro di Baradili è stato il dibattito coordinato da Giacomo Serreli e animato dagli dagli interventi di giornalisti, scrittori, autori, sindaci e ex sindaci, esperti di marketing, professionisti. Molto forte il messaggio del giornalista Giacomo Mameli: «La realtà ci dice che il rischio è concreto e che per rimanere in vita questi paesi hanno bisogno di servizi. Un punto fondamentale che non è stato capito dalla classe politica. Ci vorrebbe il clima degli anni Sessanta e Settanta, quando la voglia di ribellarsi prevaleva».

Un altro giornalista, Antony Muroni, ha offerto uan diversa prospettiva: «Il sistema ci dice che le piccole realtà non sono sostenibili, c'è emergenza democratica, nei piccoli paesi si fa fatica a presentare le liste dei partiti per le votazioni, tutto questo perché non c'è più potere decisionale».

«Questi paesi – ha detto Bachisio Bandinu –, hanno tanto da raccontarci, ogni loro angolo ha la sua storia, dobbiamo solo disporci all’ascolto. L’identità ha diritto di esistere, non possiamo distruggerla. Serve una nuova prospettiva di interventi pubblici, è necessaria una dimostrazione di popolo».

Per Gavino Sini, presidente della Camera di Commercio del nord Sardegna, la responsabilità non è solo delle istituzioni: «Il risultato dei modelli di sviluppo economico che abbiamo scelto e dunque se non ci vanno bene dobbiamo tutti sentirci responsabili».

L’architetto Sandro Roggio, studioso del territorio, ha parlato dell’inadeguatezza del disegno di legge sull’urbanistica, ritenuto polarizzante e accentrante. Ma a Baradili il no allo spopolamento che dsertifica la sardegna è passato anche attraverso le parole delle canzoni e la musica: sul palco della piazza si sono esibiti il coro Maria Carta composto dai ragazzi della scuola media numero 3 di Sassari, Francesco Piu, i Gravity Sixty, Ignazio Cadeddu, Cuncurdu a Tenore de Orosei, Fantafolk, Mariano Melis, Menhir, Tressardi, Piero Marras e Cordas e Cannas, il Collettivo teatrale di Ozieri. (n.s.)

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