La Nuova Sardegna

“La Bestia”, graphic novel sull’America dei serial killer

di Fabio Canessa
“La Bestia”, graphic novel sull’America dei serial killer

Lo scrittore sassarese ritorna in edicola con un fumetto ambientato negli Usa Un thriller sulla caccia all’assassino che si sviluppa tra gli anni Settanta e Ottanta

12 maggio 2017
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SASSARI. Instancabile e poliedrico creatore di storie, Bruno Enna torna in edicola con un fumetto molto particolare: “La Bestia”, un romanzo grafico di Sergio Bonelli Editore. Quasi trecento pagine disegnate da Luigi Siniscalchi per raccontare una vicenda basata sulla caccia a un inafferrabile serial killer. Un thriller ricco di colpi scena, duro e violento che si sviluppa negli Stati Uniti tra gli anni Settanta e Ottanta. «I protagonisti della storia – spiega l'autore sassarese – sono un ex poliziotto, che il tempo e le vicissitudini hanno cambiato, e una giovane analista dell’Fbi che vuole fare carriera. Ma protagonista non significa eroe. Anzi, in questa storia i veri eroi proprio non esistono. Tutti e due i personaggi hanno delle zone d’ombra».

Da che idea è partito per sviluppare questa storia?

«L'idea iniziale era quella di scrivere una storia che potesse essere una via di mezzo tra un vero romanzo e un film. La magia del fumetto, soprattutto quando si ha la fortuna di lavorare con disegnatori della caratura di Luigi Siniscalchi, sta proprio in questo: nella possibilità di visualizzare personaggi e situazioni in ogni periodo. Volevo raccontare l’America degli anni Settanta/Ottanta, descrivere un determinato stile di vita, parlare della condizione della donna e dell’uomo a quel tempo, il tutto innestato su un plot narrativo classico e, spero, accattivante».

Qual è la difficoltà di gestire una narrazione di così ampio respiro in un genere, come il thriller, dove il meccanismo deve essere perfetto per convincere il lettore?

«Rendere la storia accattivante, ricca di ribaltamenti e colpi di scena, senza però dimenticare mai l’obiettivo principale: divertire e arricchire in qualche modo il lettore. Ma soprattutto dargli la sensazione di avere sempre sottomano la soluzione del “giallo”, di essere lui a condurre il gioco».

Che tipo di lavoro preparatorio e di ricerca ha svolto, considerando anche l’ambientazione nel passato?

«È stato abbastanza semplice, poiché ho potuto attingere da gran parte della documentazione che avevo utilizzato per la serie Saguaro. Quel periodo storico americano mi affascina, mi diverte e, in qualche modo, mi appartiene. Non a caso la storia inizia proprio nel 1969, poco dopo l’allunaggio. Io sono nato quell’anno e mio padre racconta sempre che è stato a causa mia, e dei miei strilli, se durante la notte ha potuto assistere ai primi passi di Neil Armstrong sulla Luna in diretta televisiva».

Quali sono state le principali fonti d’ispirazione dal punto di vista letterario o cinematografico?

«Dal punto di vista letterario ho attinto più da saggi che da romanzi, anche se ha avuto una certa influenza “A sangue freddo” di Truman Capote, che mi sono permesso anche di citare. Poi ci sono stati diversi film di riferimento, come “Il silenzio degli innocenti” e “Zodiac”. L’idea era quella di descrivere la parabola che ha visto sviluppare il concetto stesso di serial killer. Negli anni Sessanta gli assassini seriali non erano ancora stati classificati. Tutto cambia in quel periodo e la figura è diventata poi un classico dal punto di vista letterario e cinematografico. Ecco, io volevo tornare alle origini, parlare di come certe figure vengono “mitizzate” e poi masticate e risputate dai media».

La storia inizia a Sacramento. Come ha scelto i luoghi?

«Sacramento è un punto di partenza, in un certo senso rappresenta il luogo simbolo di quel pezzo d’America che mi andava di raccontare. Volevo ambientare la vicenda in California anche per via di una serie di rimandi legati alla figura stessa del serial killer. Il celebre “killer dello Zodiaco”, attivo alla fine negli anni Sessanta e mai catturato, ha ucciso proprio in quello Stato. Nella storia si fa riferimento a lui, ma anche ad altri assassini realmente esistiti, come per esempio Btk, il cosiddetto “strangolatore di Wichita”, attivo in Kansas e catturato dopo ben 31 anni».

Quali indicazioni ha dato in particolare al disegnatore Luigi Siniscalchi?

«Luigi è un grandissimo disegnatore. Ho avuto il privilegio di collaborare con lui per la serie Saguaro e di apprezzare appieno la sua incredibile capacità di visualizzare la storia. Quando si scrive un fumetto la cosa più importante è sentirsi in sintonia con il disegnatore, poiché alla fine sarà lui il vero regista. A Luigi ho fornito tutta la documentazione necessaria, come al solito, ma lui ha fatto molto di più: ha inventato ambienti e costumi più che credibili e caratterizzato così bene i personaggi da renderli letteralmente vivi».

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