La Nuova Sardegna

Versi dal focolare al mondo E il pensiero diventa canto

di Luigi Tassoni
Versi dal focolare al mondo E il pensiero diventa canto

Un monologo che è quasi un diario, cronaca della civiltà contemporanea

06 maggio 2017
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Pubblichiamo una parte della introduzione di Luigi Tassoni ad “Anninora” (Il Maestrale, 393 pagine, 20,00 euro). Appena giunto in libreria, il volume raccoglie i testi poetici di Giulio Angioni

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di Luigi Tassoni

Al momento di scrivere queste pagine che accompagnano Anninnora avverto ancora molto forte l’effetto della voce che ritma il pensiero del nuovo libro di Giulio angioni, che di per sé è un effetto di senso innescato dalla consapevolezza che questo titolo, Anninnora, è cifra appropriatissima, è già il suggerimento indicativo per un ascolto del cadenzarsi di questa cantilena contemporanea, nenia, ninna-nanna, e allo stesso tempo sollecitante racconto di un pensiero.

Il ritmo del pensiero in verso rappresenta il primo contrassegno per la lettura dei romanzi di Angioni, e anche qui lo scrittore con questa sua voce bene impressa ci chiama a condividere una narrazione quotidiana partita dal presente, ma nutrita dalla terza dimensione prospettica della sua antropologia originaria, dell’oralità, dei fatti, degli atti, degli oggetti, della nostra civiltà. Del resto al lettore attento basterà tener presente lo straordinario poemetto di Angioni Oremari, assaporandone la fluidità dialettale, per rendersi conto di come la tipica complementarità logico-analogica del discorso abbracci l’ampio registro delle paure attraenti o delle seduzioni timorose. Con un suggerimento fra le righe: la poesia di Giulio Angioni procede ciclicamente per nuclei tematici che esplora e scandaglia mediante i penetranti flash di un immaginario riflessivo e autoriflessivo, dotato di una dimensione storica che dà volume e fattualità ontologica ai fenomeni di cui parla. Questo diario del pensiero che è Anninnora mantiene saldamente la connotazione del monologo, che parte dal privato quotidiano per divaricarsi verso l’ampia ansa della vicenda familiare e di quella comune, perché punta sulla presenza e sulla necessità di tracciare in concreto la cronologia degli eventi contemporanei, sia nel ritmo del racconto sia in quello della poesia, che lo scrittore intende percorribili all’indietro, verso le evidenze e le emergenze della storia, documentate o deducibili attraverso episodi, congetture, investigazioni, testimonianze o intuizioni della immaginazione. Anninnora è il diario di questo corpo a corpo dello scrittore con il tempo tangibile, provato nell’arco della sua giornata di pensiero. Sentire il presente nella storia e sentirsi presente nella storia: lo stesso processo che Anninnora propone nella distribuzione delle sezioni, circolarmente monotematiche e con diverse eccezioni trasgressive, anima la scrittura del romanzo, e basterebbe per comprovarlo ripensare al più recente Sulla faccia della terra come metafora della relazione di una medievalità presente futuribile, giocata nei tre tempi come autorappresentazione, in prospettiva pregressa, della nostra civiltà.

Inoltre Anninnora è un canzoniere attraversato da vari livelli e spazi tematici, e vi si alternano l’autoriflessione esistenziale, l’ironia, il paradosso, l’enigma, il tragico, l’interrogazione, la confessione, aprendo un ampio focus di attenzione di questa che potremmo immaginare come una giornata raccontata attraverso il flusso ritmico della brevità, di ciascun testo o delle parti che compongono i testi più ampi. L’apertura del grandangolo linguistico e culturale ci porta nelle minute osservazioni della coscienza che per estensione riflette su se stessa, al pari delle grandi scene dell’apocalisse contemporanea, così come nel dubbio di fronte all’indicibile e in quello della parola che manca il bersaglio o non esiste nel vocabolario, o è insufficiente rispetto all’emergenza di un significato, malgrado tutto, già in azione. Si arriva lungo questa traccia al richiamo, all’invito finale del discorso fra e per figure assenti, e al gioco di constatazione del tema della morte e della relazione con i morti.

Una parabola così ampia di interessi per temi circoscritti, con poche divagazioni e senza concessioni alla liricità, procede di pagina in pagina, soprattutto per endecasillabi e novenari, con una regolarità cantabile tale da presumere un ascolto piano, diretto, quasi in tono di confidenza amichevole, e però in forme differenti dallo scetticismo di Montale e dall’ ironia di Caproni. Nel senso che Angioni traduce quella levità pungente e sentenziosa in un suo modo di interrogarsi tenendo ben presente l’elemento della sorpresa, e dunque il «ragionar cantando» prende un posto decisivo nella rubrica insolita di questo giornale della civiltà contemporanea. (…)

In un bellissimo articolo di qualche anno fa Angioni parlava di un «continuo constatare che il mondo non è fatto per l'uomo», perché «siamo un incidente dell'universo». E ciò nonostante «non possiamo rinunciare a essere uomini che devono manipolare la natura. L’uomo è un faber tanto quanto è sapiens, e viceversa. E si porta dentro e appresso la morte». Dire cose così difficili (...) era possibile attraverso un libro affabile e pungente, ironico e non indulgente, tragico e aperto, attraverso il ritmo colloquiale del canto in verso, e quel libro è Anninnora.

© 2017, EDIZIONI IL MAESTRALE

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