La Nuova Sardegna

Enrica Bonaccorti: «Sassari cara, la città della mia giovinezza»

di Alessandro Pirina
Enrica Bonaccorti
Enrica Bonaccorti

«La lontananza, canzone per il mio primo amore: un ragazzo sardo»

29 aprile 2017
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SASSARI. Era il settembre del 1962 quando per la prima volta mise piede in Sardegna. Non aveva ancora compiuto 13 anni. Da allora è passato più di mezzo secolo ma Enrica Bonaccorti ricorda quella lontana mattina di 55 anni fa come fosse ieri. Il trauma dello sbarco a Porto Torres e poi l’arrivo in una sconosciuta Sassari, che sarebbe diventata la sua casa per tre anni. La città della sua giovinezza, delle passeggiate con gli amici, dei primi amori. La città a cui è anche dedicata “La lontananza”, la canzone capolavoro scritta a quattro mani dalla futura signora della tv con Modugno. Nessuno ai tempi avrebbe immaginato che vent’anni dopo quella ragazzina sbarcata da Genova sarebbe diventata una delle regine della tv, tra Rai e Mediaset, tra “Italia sera” e “Pronto chi gioca?”, “Cari genitori” e “Non è la Rai”, nonché attrice, scrittrice, conduttrice radiofonica. E forse oggi nessuno immagina che dopo una vita da primadonna tra tv, radio, cinema e teatro, al sentire pronunciare la parola Sassari ancora adesso le vengono gli occhi lucidi. Eppure ai tempi per la giovanissima Enrica l’arrivo in Sardegna fu uno choc. «Sbarcai con papà e mamma a Porto Torres il 22 settembre del 1962 – racconta –. Ero disperata di aver lasciato Genova, la scuola e i miei compagni, ma sono ripartita tre anni dopo piangendo mille volte di più. Mio padre era soggetto a trasferimenti essendo un colonnello di pubblica sicurezza e fu trasferito a Sassari nei tre anni in cui Antonio Segni fu presidente della Repubblica».

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Suo padre non fu il primo della famiglia a vivere a Sassari.

«Ai primi del Novecento il mio bisnonno ingegnere stette per qualche tempo a Sassari per un lavoro e ovviamente la famiglia, moglie e tre figlie, lo seguì. La più piccola era mia nonna, che a tre anni scappò di casa per tornare dalla sua nonna a Brescia e fu ritrovata sui gradini di una chiesa del centro storico. Quando venne a trovarmi a Sassari la accompagnai a cercare la chiesa, la trovammo e ci sedemmo sugli stessi gradini».

Che ruolo ha avuto Sassari nella sua vita?

«Per me Sassari fu veramente manna, piazza d’Italia era come Broadway, e io respirai fra le sue palme la mia prima libertà. A Genova vivevo in caserma, la città era grande e lunga, io ero ancora piccola, non ero mai uscita da sola, non avevo amiche: sapevo giocare solo a boccette o a biliardo, come un maschio. A Sassari, invece, mi muovevo a piedi, andavo da un’amica a studiare, o in piazza o alla Torres per giocare a tennis. Insomma, sono diventata grande a Sassari».

Dove abitava?

«La casa era in viale Dante. Ricordo che di fronte stavano costruendo un albergo, mi pare il Jolly. Più avanti ci siamo trasferiti in via Principe di Piemonte in una casa più bella e più grande. Mi viene in mente anche qualcosa che fece parlare subito della continentale appena arrivata: quell’inverno fu il più freddo del secolo, anche a Sassari nevicò abbondantemente, e io mi misi gli sci ai piedi e scesi un po' fra viale Dante e via Duca degli Abruzzi. Il giorno dopo si diceva che la continentalemacca è!».

A parte lo “sci”, praticava altri sport?

«Giocavo a tennis. Nella primavera del 1964 alla Torres si svolse il campionato Italia-Cecoslovacchia e mi chiesero di consegnare le coppe ai vincitori Holechek e Koudelka. Ricordo che la foto fu pubblicata anche sulla Nuova. Nel 1965, invece, ci furono i campionati regionali di atletica e vinsi la medaglia d’argento in lancio del disco».

E la scuola?

«Il ginnasio lo feci classicamente all’Azuni. E proprio su una panchina dei giardini accanto alla scuola, un ragazzo mi fece la sua dichiarazione d’amore. Avevo 14 anni e mezzo, oltre mezzo secolo fa, ma ricordo ogni istante come fosse ieri. Fu un grandissimo amore, almeno per me, e quando dovetti ripartire perché mio padre fu assegnato a Roma, l’ho portato con me nel cuore e in fondo non ne è mai uscito. Ecco a cosa si riferisce “La lontananza”, così come “Amara terra mia” che prima si intitolava “Sardegna terra mia”. Come si dice ed è vero, il primo amore non si scorda mai».

Il capolavoro “La lontananza” nasce dunque dalle parole che la 15enne Enrica a Sassari scrisse sulle pagine del suo diario. Che, qualche anno dopo a Cuneo la 20enne Bonaccorti giovane attrice fece leggere a Domenico Modugno, con cui stava portando in tournée lo spettacolo “Mi è cascata una ragazza nel piatto”. «Questo è un successo», gridò mister Volare. Aveva ragione: “La lontananza” riportò Modugno in vetta alla hit parade e ancora oggi, a distanza di quasi 50 anni, è un evergreen della musica italiana. Enrica Bonaccorti, dunque, ormai 20enne, era riuscita a ritagliarsi uno spazio in quel mondo dello spettacolo che anni dopo l’avrebbe vista tra le principali protagoniste. Ma sempre con la sua isola nel cuore. «La prima volta che tornai in Sardegna fu proprio con il teatro in una tournée estiva. Sarei dovuta andare a Cagliari, ma io partii il giorno prima della compagnia, affittai una macchina a Fertilia e andai a Sassari. Lentamente feci un giro per le strade, passai per i posti che conoscevo, guidavo e piangevo come in un vecchio film melenso, poi presi la Carlo Felice e raggiunsi il resto della compagnia a Cagliari. Avevo vent’anni, erano passati solo 5 anni dalla mia partenza, ma era cambiata tutta la mia vita. Papà scomparso all’improvviso e io che lavoravo in teatro».

Poi è arrivato il cinema e soprattutto la tv, di cui nei decenni ’80 e ’90 è stata una delle regine insieme a Carrà, Parisi e Cuccarini. Ma il legame con Sassari non si è mai spezzato.

«Al telefono sono sempre in contatto con i miei amici di allora. Purtroppo qualcuno non c’è più, la maggior parte erano più grandi di me, e la rosa degli amici man mano perde petali...».

Qual è il suo rapporto con la Sardegna?

«Unico ed eterno. Appena sento anche solo una lieve inflessione, riconosco subito la provenienza sarda, so se è del nord o del sud, e provo un’immediata empatia. A primavera poi, all’inizio delle fioriture, avverto un profumo che mi riporta a quei tempi lontani e vicinissimi. Se ti prende il mal di Sardegna, non ti lascia più».

C’è qualche personaggio a cui è legata particolarmente?

«Primo assoluto Enrico Berlinguer, e ricordo con affetto Maria Carta e la sua meravigliosa “Ave Maria”».

Quando la rivedremo in Sardegna? E magari a Sassari?

«Purtroppo non prendo più l'aereo e la nave con riluttanza, ma ho una gran voglia di tornare Sardegna. Ai tempi, l’estate la passavo ad Alghero, l’ultima volta ero a Capo Coda Cavallo ospite di amici che, beati loro, hanno casa prorpio davanti al mare più bello del mondo. Chissà... comunque, se vengo in Sardegna, una tappa sarà sicuramente nella mia Tattari! Avvidezzi».

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