La Nuova Sardegna

«La fuga dai villaggi? Si ferma con l’amore»

di Andrea Massidda
«La fuga dai villaggi? Si ferma con l’amore»

Ieri a Monteleone Rocca Doria prima giornata del festival

26 aprile 2017
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MONTELEONE ROCCA DORIA. Innamorarsi dei propri luoghi recuperando tradizioni, lingua e strutture architettoniche di rilievo, ma anche valorizzando al massimo le bellezze storiche e naturali e facendo ferma opposizione al taglio dei servizi essenziali, così come a certi pensieri che fanno leva sul fatalismo. Nel silenzio di una classe politica apparentemente disinteressata al fenomeno dello spopolamento, le ricette per combattere l’emorragia di abitanti da molti paesi sardi, sembrano queste. O almeno, queste sono state quelle proposte ieri a Monteleone Rocca Doria nel primo dei due appuntamenti di Freemmos - Liberi di restare, il progetto ideato dalla Fondazione Maria Carta con l'obiettivo di sensibilizzare le istituzioni e i cittadini sul pericolo di estinzione che investe un numero inquietante di piccoli centri isolani.

Presentati da Giacomo Serreli all’interno della chiesetta di Santo Stefano (un gioiello del XII secolo, cara anche ad Eleonora d’Arborea), per discutere del problema si sono alternati dalle 10 del mattino storici, urbanisti, antropologi culturali, giornalisti ed esperti vari. Poi nel pomeriggio dalle parole si è passati alla musica, con una serie di performance iniziata con l’esibizione di Andrea Pisu (launeddas) e Vanni Masala (organetto) e culminata con quella dei Tazenda e Piero Marras. A fare da teatro naturale alla manifestazione, il meraviglioso borgo che s’affaccia sul Temo e con i suoi 106 abitanti censiti - di cui appena 80 effettivamente residenti - è il centro meno popolato della provincia di Sassari e ovviamente figura nella lista nera dei 31 paesi dell’isola a rischio scomparsa.

I numeri sono impietosi e Tonino Oppes, che ha coordinato il dibattito, li ha snocciolati in tutta la loro crudezza: secondo l’Istat nel 2055 la popolazione della Sardegna si ridurrà del 50 per cento. «Nei comuni c’è voglia di lottare – ha detto il giornalista Giacomo Mameli –, è dentro i palazzi della politica che non gliene frega niente a nessuno». Quindi? «Quindi bisogna amare per il proprio paese, e serve una coscienza collettiva che se non si ritrova questo amore non ci sono speranze». Una visione non molto distante da quella del giornalista Antony Muroni, che ha aggiunto. «Questo fenomeno deve comunque essere presente nell’agenda quotidiana, se ne deve parlare sempre».

Sulla bellezza di Monteleone Rocca Doria (a partire dal suo nome) e sulla terribile eventualità che scompaia dalla carta geografica si è soffermato l’antropologo Bachisio Bandinu. «Non accettiamo mai la parola morte fisiologica - ha tuonato, perché se questi paesi sono a rischio estinzione c’è dietro una logica precisa che si presenta sotto forma di fatalità. E invece bisogna affrontare il problema con intelligenza politica, tenendo bene a mente che chi uccide un paese come Monteleone Rocca Doria è un assassino».

Duro anche l’intervento dell’architetto Sandro Roggio: «Non si conosce ancora il cosiddetto masterplan della Regione contro lo spopolament - ha detto -, ma nel frattempo, in una gravissima condizione di squilibrio che suggeriva più prudenza, la decisione di istituire il polo metropolitano di Cagliari, oggi 350 abitanti per chilometro quadrato. Dieci volte quello del distretto nuorese, densità prossime allo zero in grandi parti. In questo solco - ha concluso Roggio - sta il Ddl sull'urbanistica che immagina il via libera a grandi progetti – localizzati, si teme, in aree costiere popolate tre mesi all'anno. Non c'è da stupirsi se in questo quadro i comuni morituri non accolgano volentieri l'invito a unirsi per amministrare le privazioni».

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