La Nuova Sardegna

I maschi di Lodine Ritratto di un paese sorprendente

Salvatore Ligios ripropone un progetto del 2001 Gli uomini raccontati da artisti, architetti e stilisti

24 aprile 2017
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SASSARI. Il Centro Polivalente di Lodine ospita la mostra fotografica di Salvatore Ligios “I maschi di Lodine”, inaugurata venerdì e visitabile fino al 30 settembre.

Galleria a cielo aperto anche le vie del centro storico, sui muri del piccolo comune a due passi da Gavoi 10 grandi stampe (in formato quadrato da un metro e mezzo di lato) realizzate in bianconero.

Le fotografie sono una selezione di due progetti nati nel 2001, confluiti rispettivamente nel calendario “I maschi di Lodine. Calendario 2002” e nella pubblicazione “Circolo Marras. Dodici storie per i maschi di Lodine”. Curati entrambi da Salvatore Ligios. Un progetto che all’epoca aveva fatto piazza pulita dei tanti luoghi comuni che gli artisti si erano portati da casa. I modelli si dimostrarono ben lontani da una ipotetica ritrosia del maschio “tipico” dell’interno dell’isola.

Nel primo la campagna fotografica aveva coinvolto diverse figure di artisti, architetti, stilisti: Maria Lai, Antonio Marras, Aldo Contini, Greta Frau, Leonardo Boscani, Josephine Sassu, Giovanni Congiu, Pietro Siotto, Rosanna Rossi, Antonello Cuccu, Paolo Modolo, oltre allo stesso Ligios. Nella seconda, i modelli erano stati vestiti da Antonio Marras, fotografati da Salvatore Ligios e raccontati da Flavio Soriga. Gli scatti furono realizzati nei mesi di agosto e settembre del 2001 e la popolazione di Lodine seguì l’iniziativa con grande partecipazione. «Il forte senso di comunità che gli abitanti avevano manifestato rese il lavoro un piacevole divertimento» ricorda Ligios. I perché della scelta di un paese di 400 abitanti e di modelli non professionisti per Ligios: «Perché erano due elementi simbolo del dibattito, sempre attuale, sul valore del periferico, del piccolo, in rapporto alla complessità della società contemporanea. Luoghi comuni che non muoiono mai e sui quali era interessante lavorare e riflettere. Ieri come oggi. Con la fotografia e con l’arte. Non sono un nostalgico – continua Ligios– e raramente mi guardo indietro, avevo quindi molti dubbi su riproporre questo lavoro, ma la fotografia ha al suo interno dei codici che esplodono col tempo, andando oltre l’intenzione dell’autore al momento dello scatto».

Cambia naturalmente anche lo sguardo dello spettatore, specie se è quello di una comunità che si riconosce e si racconta. «All’epoca questa piccola comunità ci aveva sorpreso – dice il fotografo– e oggi conferma che molte griglie e luoghi comuni sono saltati». A questo proposito è molto interessante l’analisi di Sonia Borsato, critico d’arte e curatrice di molti progetti fotografici: «Questo lavoro anticipò di molto l’attuale discussione sul gender – ha detto Borsato a Lodine – . I maschi si misero in gioco anche con ironia al di fuori della rappresentazione classica della virilità». Tra i tanti “ritratti di paese” viene in mente il lavoro su Luzzane di Paul Strand del ’53. Un classico della fotografia. «Paul Strand era un americano lungimirante che aveva capito la grande innovazione del cinema neorealista e si precipitò in Italia per farne, in qualche modo, parte – precisa Ligios –. Il nostro lavoro, fatta salva la grandezza di Strand, si differenzia nella partecipazione del paese. Non è una fotografia documentaristica, ma il risultato di una condivisione. I maschi di Lodine non sono stati dei modelli, ma noi stessi siamo diventati attori di un teatro che era, prima di tutto, il loro. E noi siamo stati invitati a farne parte».

Nei progetti futuri di Salvatore Ligios un seminario fotografico a Lodine in agosto rivolto esclusivamente alle donne. «Forse sotto sotto c’è una forma di compensazione – spiega ridendo Ligios – ma sono realmente convinto che lo sguardo femminile sia fondamentale nella fotografia contemporanea. Importante la volontà di tenere il seminario ancora in un piccolo centro, non perché sia di moda, ma piuttosto, per il grande valore del tempo che nei paesi si può ancora godere, ritmi lontanissimi e più umani di quelli delle città».

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