La Nuova Sardegna

Addio Cino Tortorella Il grande Mago Zurlì ideò lo Zecchino d’oro

di STEFANO TAMBURINI
Addio Cino Tortorella Il grande Mago Zurlì ideò lo Zecchino d’oro

La sua gara musicale ha incantato grandi e bambini Con Mariele Ventre e Topo Gigio ha segnato un’epoca in tv

24 marzo 2017
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di STEFANO TAMBURINI

Anche se non si librava in volo, quel mago con il mantello azzurro e la calzamaglia celeste, era come se facesse decollare la fantasia di noi bambini di un tempo. Il Mago Zurlì se n’è andato ieri sulla soglia dei 90 anni: si chiamava Cino Tortorella ma per tutti era, è stato ed è ancora il Mago Zurlì. E non era solo un personaggio che sembrava uscito da una fiaba con la bacchetta magica e i capelli luccicanti, era il simbolo di un’epoca della tv gentile, educativa, perbene, quella dello Zecchino d’oro, concorso canoro per bambini che recitavano da bambini e dopo tornavano a essere bambini.

I più giovani stenteranno a capire cosa poteva essere quella specie di Sanremo in miniatura. Era molto più di una kermesse di parole e musica, era narrazione e fiaba, era una trasmissione uscita dalla tv dei ragazzi ma la guardavano anche fratelli maggiori, nonni e genitori. Piaceva al punto da dilagare oltre i confini nazionali fino all’attribuzione di un riconoscimento dell’Unesco come “patrimonio per una cultura di pace”. L’aveva inventata Umberto Eco, allora funzionario Rai, insieme con lo stesso Tortorella. Anzi, l’idea originale era proprio del Mago, che già esisteva in una trasmissione dal titolo “Zurlì, il mago del giovedì”.

Lo Zecchino d’oro non era solo il Mago Zurlì. C’era il Piccolo coro dell’Antoniano di Bologna della direttrice Mariele Ventre e quei bambini tutti in fila ordinata. E c’era anche la fiaba sullo sfondo, con la sigla “Carissimo Pinocchio” cantata da un giovane Jonny Dorelli. Inoltre, molte delle canzoni sono rimaste nell’immaginario di quei bambini una volta cresciuti e tramandate oltre: quella più famosa è senz’altro il “Valzer del moscerino” con la voce di una bambina con le canzoni per i piccoli nel destino, Cristina D’Avena, quella delle sigle dei principali cartoni animati. E poi, fra tante, “Il coccodrillo come fa”, “Quarantaquattro gatti”, “Il caffè della Peppina”, “Volevo un gatto nero”. Era davvero familiare l’aria di quella trasmissione. Apparivano prima da lontano e poi a pieno schermo, quei piccoli un po’ sdentati nella fase del primo sviluppo, talvolta impauriti e così genuini da fare un’immensa tenerezza. Capitava che si impappinassero durante l’esecuzione, tutto si fermava e si ricominciava da capo: vien da tremare al pensiero di una formula come questa nella tv crudele di oggi.

I personaggi principali erano lui, il Mago, e Topo Gigio, un pupazzo animato che sbucava all’improvviso da quello schermo in bianco e nero talvolta anche un po’ sfocato. Duettavano per i bambini ma non piacevano solo a loro: il momento cult era il “Ma cosa mi dici mai” del topo. Tutto cominciò a cambiare nel 1973 quando Cino Tortorella abbandonò il vestito da mago e i bambini presero a cantare su basi preregistrate. Nel 2009 finì l’epoca di Tortorella. Il distacco avvenne nel modo peggiore: «La Rai – disse – mi sta facendo fare la fine di Mike Bongiorno ma io non avrò nemmeno un funerale in Duomo». Non lo avrà ma per tutti quelli che sono cresciuti a pane e Mago Zurlì è come se lo avesse avuto. Nel 2007 e nel 2009, aveva rischiato grosso con due ischemie. Lui ci scherzava su: «Un mago non muore mai». E un po’ è vero, al massimo un mago si riposa. Anzi, prende il volo.

@s__tamburini

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