La Nuova Sardegna

Giulio Angioni, il coraggio della verità

di Sabrina Zedda
Giulio Angioni, il coraggio della verità

A Cagliari un’iniziativa della Fondazione di Sardegna dedicata alla figura del romanziere morto due mesi fa

15 marzo 2017
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CAGLIARI. «Finge molte cose, e anche con profitto, questo tipo di artigianato artistico, ed è riuscito perfino a fingere che la Sardegna, per esempio, sia stata e continui a essere un luogo di produzione e di uso dei tappeti, che invece non risultano mai usati in tempi storici nelle case sarde, se non in chiesa e nelle case aristocratiche». È il novembre 2015 quando, con un tagliente articolo sulla rivista “Il manifesto sardo”, Giulio Angioni mette in riga chi si spaccia per essere grande conoscitore delle tradizioni isolane, sapendone in realtà ben poco. La sua cifra era questa: «Pur nell'ironia – ricorda Stefano Salis, giornalista del quotidiano Il Sole 24 ore – prendeva seriamente tutte le questioni a cui si dedicava».

A due mesi dalla scomparsa, lunedì la Fondazione di Sardegna ha voluto ripercorrere la figura dell’antropologo, e tra gli intellettuali di spicco della cultura isolana, in un incontro intitolato “Ricordiamo Giulio Angioni”, organizzato all’interno dei “Pomeriggi della Fondazione”. Un momento costruito dal giornalista Giacomo Mameli non come un raduno nostalgico, ma come occasione in cui mettere a fuoco l’Angioni-antropologo, l’Angioni-giornalista e l’Angioni-scrittore grazie all’intervento di una scrittrice (Paola Soriga), di un giornalista (Stefano Salis) e di un antropologo (Pier Giorgio Solinas).

Oggi trentasettenne, Paola Soriga ne aveva appena venti quando conobbe Giulio Angioni: «Faceva parte – ricorda – della cosiddetta “nuova ondata” della letteratura sarda”, un gruppo di scrittori tutti maschi». Tra Soriga e Angioni il rapporto era quello allievo- maestro: «Non sono mai riuscita a dargli del tu – dice la scrittrice – Ma gli ho inviato le bozze del mio primo romanzo, e anche lui mandava a me i suoi scritti». Curioso di tutto, soprattutto delle persone, tra le tematiche più care all’Angioni-scrittore c’era la Sardegna. «Dell'isola – va avanti Paola Soriga – sapeva raccontare i cambiamenti senza mai cadere nella trappola del “si stava meglio quando si stava peggio”. Questo, a noi scrittori arrivati dopo di lui, ha permesso di avere un passo già fatto».

Anche la lingua e l’ironia sono stati tratti distintivi della scrittura dell’autore dell’ “Orodi Fraus”: «Quel suo parlare una lingua tutta sua l’ho sempre trovato di una grande forza. Mentre l'ironia, un registro molto difficile, a lui veniva bene usarla». Stefano Salis usa le parole scritte da Placido Cherchi in occasione della morte dell’intellettuale Mimmo Bua, e usate a loro volta da Angioni quando fu Placido Cherchi ad andarsene, per dare la misura di quanto la perdita sia incolmabile: «Un segno sottrattivo che va ad aggiungersi al processo di decrescita senza ritorni di quella generazione di intellettuali ancora legata all’idea gramsciana di cultura e alle sue accezioni umanistiche». Come opinionista, ricorda ancora Stefano Salis, Giulio Angioni «era spesso chiamato, con i suoi interventi su giornali e riviste, a mettere i puntini sulle i su temi importanti e controversi come l’identità sarda».

Mentre sull’Angioni-antropologo una è la vera questione: quella, ricorda l'ex docente universitario Pier Giorgio Solinas, della «conoscenza per esperienza fisica», un problema che Angioni «aveva aperto, senza però avere la pretesa di risolverlo».

La serata di lunedì è stata anche l'occasione per vedere “I giorni del pane dolce”, documentario che racconta la preparazione del tipico pane votivo di Perdasdefogu, offerto durante la festa della Candelora. Qui Giulio Angioni rilascia a Giacomo Mameli la sua ultima intervista: «Il pane si vive: serve per dire le cose del mondo. Si fa Dio. Si fa Cristo», dicendo, una volta di più, come gli oggetti del vivere quotidiano non sono solo fini a se stessi, ma raccontano l’uomo e la sua evoluzione.

Presto alla figura dell’antropologo-scrittore potrebbe essere dedicate altre iniziative: il Comune di Guasila, suo paese natale, vuole dedicargli un festival letterario (si chiamerà Festival dell’altrove, fa sapere la sindaca, Paola Casula), mentre a Perdasdefogu, dice il sindaco Mariano Carta, l’idea è di costruire un centro studi a lui intitolato.

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