La Nuova Sardegna

Fra i Tacchi dell’Ogliastra c’è ancora un futuro per Asia?

di GIACOMO MAMELI
Fra i Tacchi dell’Ogliastra c’è ancora un futuro per Asia?

È l’ultima nata, da Dubai il padre ingegnere è tornato in paese per lei

07 marzo 2017
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di GIACOMO MAMELI

L’ultima nata è Asia di nome e Marceddu di cognome, figlia di mamma Silvia Loi psicologa e di papà Massimiliano ingegnere rientrato da Dubai dopo aver girovato fra Angola, Nigeria e Indonesia per l’Eni. Asia è arrivata dopo Eleonora che ha quasi tre anni. Abitano nel rione Santu Nigòla, a Ussassài «dove sono nati i nostri genitori e dove noi continueremo a restare». Perché? Papà Massimiliano: «In questo presepe fra i tacchi dell’Ogliastra vogliamo far crescere i nostri figli, fra la chiesa bizantina di San Gerolamo e il torrente che scorre ai piedi del paese. Continuerò a lavorare nel mondo ma questo è il mio buen retiro, c’è serenità, qui non volano le polveri sottili ma, soprattutto, vogliamo ribellarci alla condanna della fuga». Mamma Silvia: «Lo dobbiamo per rispetto ai nostri genitori: ci sono vissuti loro in tempi peggiori, perché non possiamo vivere noi in un paese che oggi ha la banda larga e ciascuno si può spostare in macchina accessoriata di bluetooth? Sabato abbiamo festeggiato la pentolaccia dei bambini: è stato bellissimo».

CAPOCANTIERE E BECCHINO

Asia ha inaugurato l’11 gennaio l’anagrafe 2017. Mauro Serrau, ufficiale di stato civile, con penna stilografica, calligrafia da amanuense, ha tirato un respiro di sollievo. Gli abitanti, 1261 al censimento del 1961, al 31 dicembre del 2015 erano già dimezzati, «scesi a 575». Al 31 dicembre appena trascorso 566. Lo scorso anno un solo nato, Mattia Dessì. E i morti? Edoardo Loi, operaio tuttofare, custode delle scuole, stradino, capocantiere per il verde e becchino, ha la contabilità spicciola dell'anagrafe: «Nel 2016 i decessi sono stati 14». Morta anche una ultracentenaria, una di quelle col dna da guinnes-longevità, Cosimina Podda, aveva 101 anni, «simpaticissima, una vita di lavoro in campagna».

CAGLIARI LONTANA

Il paese, in questo marzo già primaverile incorniciato dal verde degli olivi e dei lecci, con viburni in fiore, narcisi primule e giacinti nei giardini di quasi tutte le case, è di quelli a rischio scomparsa. E non tutti parlano il linguaggio dell’ottimismo ostinato e ragionato che abbiamo sentito dall’ingegner Marceddu. Il sindaco, Giannino Deplano, settant’ anni, quinta legislatura in fascia tricolore, ex assessore per la Provincia di Nuoro, non usa alcuna diplomazia: «Siamo stati cancellati dalla mappa delle istituzioni nazionali e regionali. Per noi viale Trento di Cagliari è lontano quanto Palazzo Chigi, qui arrivano solo tagli. Senza lavoro il paese muore».

A LEZIONE DI FLAUTO

Ci sono ancora le scuole, un bell’edificio inondato di luce in cima al paese. Sette bambini nella materna, dodici alunni in una pluriclasse delle elementari, undici per una pluriclasse delle medie. «Ma almeno la scuola è rimasta, se la dovessero chiudere sarà quella la morte del paese», dice la vicepreside Lisa Depau. Alle medie sta facendo lezione di musica Carla Zedde, sui banchi il flauto dolce: «Insegnare musica è più facile che insegnare l’italiano o le scienze, mi sento avvantaggiata, per le altre materie è difficile trovare una giusta misura, la didattica ne risente, ne soffriranno gli scolari, la politica non ha messo al centro l’istruzione». La scuola del passato sembra da età dell’oro. Il maestro Italo Coni, 83 anni, ricorda: «Nell’anno 1960-1961 in prima elementare avevo trentun alunni, c’era un banco unico, i sedili erano formati da un tavolone, la lavagna era un lusso, un lusso anche i gessetti, quando ci avevano mandato quelli colorati era stata una festa. Il paese era vivo, iniziavano i cantieri comunali, si capiva l’importanza della pulizia del bosco. Oggi non sappiamo che cosa voglia dire uso produttivo di una foresta: potrebbe essere una via d’uscita per invertire la rotta. Uso produttivo vuol dire lavorazione del legname. Non è vergognoso che il carbone giunga da Oltretirreno?».

DALL’UFFICIO ALLA STALLA

C’è chi si ribella al nulla produttivo. Michela Puddu, 28 anni, ragioniera, col fidanzato Matteo Deplano, 33 anni, geometra hanno acquistato 75 capre spagnole, quelle a manto caramellato, più lattifere delle capre sarde. La stalla è razionale, davanti una parete color ruggine dei Tacchi. Hanno un oliveto con trecento piante. Michela: «Crediamo di poter vivere dalla campagna, certo non è il lavoro soft della scrivania di un ufficio ma questa è la strada. L’agricoltura e la zootecnia di qualità devono essere una risorsa, aggiungiamoci le nostre mele, si tratta di dare organicità alla produzione, smettere di lamentarsi e darsi da fare».

LA FESTA DELLA ZUCCA

Si organizza anche l’accoglienza, sei i bed and breakfast: Montenero, Vitalia, Assunta, Marco Laconi, Tonina Moi. Ha un b&b anche Chicco Usai, 50 anni, nuovo presidente della Pro loco inattiva per cinque anni, organizzazione che in passato è stata motore del paese. «Siamo partiti con la sfilata di Carnevale, Sa Filongiana che tesse, Is pittiolaiusu che rumoreggiano, Santu Musconi. Riproporremo la settimana dell’emigrato, la festa della zucca, apriremo la scuola e la casa del pane. Torneremo ai piatti antichi, sa coccoi prena, cicici e perr'e conca, ceci locali e testa di maiale. Vogliamo valorizzare l’antico matrimonio, Sa coia antiga, un must per noi. Ogni evento deve portare gente e dar luce a un paese con troppe ombre. Vogliamo diventare una calamita che attiri visitatori motivati, gente che si vuol riposare e vuole studiare. Il direttivo ha tanti giovani, Enrica e Stefania sono sui vent’anni. Chissà se le molte case in vendita, belle, non possano attirare gente, i prezzi sono convenienti, duecento metri per sessantamila euro e giardini da favola».

GLI AMICI DELLA NOTTE

Oggi questa vitalità non c’è. Basta passeggiare per le strade del paese e il refrain è un rosario da misteri dolorosi: casa vuota, casa vuota, lì abita una vedova di 88 anni, casa vuota, casa vuota, altra casa vuota con tre piani da 150 metri quadrati a piano, in quel palazzo due sorelle anziane, lì affianco nessuno. Al bar “Amici della notte” all'ora di pranzo Luciano Mura ha battuto appena otto scontrini fiscali, numeri che non cambiano al secondo bar di Marisa e Filippo. La banca è chiusa (apre due giorni la settimana), il meccanico viene da Sadali, il macellaio da Seui, il panificio è chiuso e il pane arriva da Esterzili, il pizzaiolo è di Villanovatulo. Non c’è più calzolaio né falegname. C’erano nove negozi di alimentari, resistono Mara e Giuseppina. Un albergo costruito negli anni Ottanta non ha mai aperto. La residenza per gli anziani chiusa. Luigi Loi, detto Gigi Ferrarelle, faceva il fabbro: «Ho dovuto smettere, chi vive nei nostri paesi non può sopportare il regime fiscale di chi sta in città, è assurdo». Al bar un’accusa: «Il rimboschimento ha limitato l'emigrazione ma ha anche spento le intelligenze, non c’è voglia di fare».

LA MESSA GRANDE

Il parroco, don Egidio Bula, arriva dal Congo dopo essere stato prima a Roma e poi a La Spezia: «Passo le giornate con la gente, leggo molto, faccio il mio lavoro di prete, qui sto bene». I chierichetti – Manuel e Alessandro – giocano a pallone nella piazza davanti alla chiesa di San Giovanni. Domenica, alla “messa grande”, i banchi della navata centrale quasi vuoti. E le strade? Per carità. Il paese dista 16 chilometri dal bivio fra Gairo e Osini. Sedici chilometri con 702 curve a chilometro sulla statale 198, quindi: sedici chilometri uguale 11.232 curve. E dal bivio di Serri passando al bivio di Nurri per Seui? Idem. Curve e basta. Le puoi fare ogni giorno? Un calvario che affrontano solo gli irriducili, «i paesani della domenica», come Antonio Laconi («vengo a trovare i miei genitori e vado a caccia»). Arrivano e salutano i vecchi. Basilio Moi “Colasoreddu” ha 96 anni. «Non ho fatto il soldato perché piccolo di statura, ho fatto il muratore, oggi non c’è un cantiere aperto». La vegliarda è Antonietta Moi, compirà 95 anni il 23 marzo. Grande parlatrice: «Ho vissuto zappando. I fratelli di mio padre Bernando e Vittorio partiti in America alla fine dell'Ottocento, tornati in Italia sono morti in guerra sul Carso».

AL TEMPO DI INTERNET

Il futuro? Il ritorno alla terra come hanno deciso Michela e Matteo, come vuol fare Maurizio Loi. Ussassài grande meleto? Magari. Nuovi nati? Magari. Chi verrà dopo Asia? Sulla statale per Seui, Giovanna e Adriana, universitarie a Cagliari, dicono: «Il calo della natalità è problema globale. Ma tutti i paesi potrebbero diventare residence per anziani, per artisti. Manca un progetto globale per premiare chi sceglie i villaggi ». E se arrivassero gli immigrati? «Magari avessero professionalità per inventare una vita bucolica produttiva. Sarebbe il piano di rinascita al tempo di Internet».

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