La Nuova Sardegna

Giuseppe Carta: «La mia arte non è blasfema»

di Paolo Curreli
Giuseppe Carta: «La mia arte non è blasfema»

Grande successo per l’esposizione dell’artista sardo a Pietrasanta e polemiche per la Madonna con i peperoncini

01 marzo 2017
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SASSARI. Inaugurata sabato una grande mostra di Giuseppe Carta nella piazza di Pietrasanta, ai piedi delle Alpi Apuane, capitale della scultura con le sue storiche botteghe. Carta, artista sardo affermato nel panorama internazionale, ha creato col regista Alberto Bartalini, una scenografia all’insegna della meraviglia, con i suoi “Orti della germinazione”: un peperoncino alto più di 16 metri che nasce dal marmo antico della piazza, un altrettanto gigantesco asino che raglia e che invita all’ingresso nella chiesa di Sant’Agostino verso un’ antologica che raccoglie circa cento opere, tra sculture monumentali e non – in bronzo, marmo, alluminio e resina – e oli su tela. All’interno della chiesa degli altari, fissi e mobili, e un’orto in crescita fatto anch’esso di sculture polimateriche.

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Negli altari creati dall’artista una Madonna dolente con un rosario di peperoncini. Grande successo con migliaia di visitatori già dalla prima serata e le solite polemiche che accompagnano l’arte contemporanea che si confronta col sacro e con gli spazi classici. «La mostra di Giuseppe Carta nella chiesa di Sant’Agostino è dissacrante e blasfema», ha denunciato lo psichiatra Mario Di Fiorino, che ha chiesto all’Arcivescovo di Pisa che non sia consentito, alle opere di Carta un ulteriore utilizzo della chiesa. Chiesa, che è bene ricordare, sospesa al culto.

«Il mio è un omaggio alla terra e alla natura, la simbologia della frutta è sempre stata usata anche nell’arte classica – ha risposto Giuseppe Carta, tornato ieri nella sua casa di Banari –. Non era mia intenzione mancare di rispetto a chi crede. Nella mia personale visione il peperoncino sanguigno ha una precisa simbologia che vuole richiamare il dolore ma anche la germinazione della vita. Il riferimento è a Pasolini e alla sua interpretazione umana del Vangelo. Gli oggetti liturgici, che invece dell’ostia racchiudono dei peperoncini, non sono veri, tutto è palesemente e volutamente teatrale – conclude sereno l’artista sardo– . Una messinscena che deve creare meraviglia e accompagnare verso il nucleo importante del mio lavoro: i quadri a olio. Abbiamo avuto il massimo rispetto per la piazza montando ogni cosa su gomma per non rovinare i marmi e tutto è stato realizzato da monodopera locale».

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