La Nuova Sardegna

«Una grande scoperta per svelare il mistero della vita nell’universo»

I sette pianeti simili alla Terra individuati dalla Nasa Parla Ettore Carretti del Sardinia Radio Telescope

24 febbraio 2017
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SASSARI. È stato davvero come vincere alla lotteria la scoperta della Nasa di un sistema solare con sette pianeti più o meno della dimensione della Terra che ruotano intorno alla stella battezzata Trappist 1. Sette piccole Terre che potrebbero ospitare l’acqua e quindi la vita. «Rispondere a questa domanda è una priorità della scienza» ha detto il professor Thomas Zurbichen della Nasa rendendo pubblica la scoperta. Pianeti simili alla Terra ma con caratteristiche tutte loro, «un pezzo di un grande puzzle rappresentato dalla ricerca di habitat favorevoli alla vita» ha aggiunto Zurbichen. Il prossimo passo sarà capire se questi pianeti possiedono un’atmosfera e di che tipo sia l’aria che si respira a 40 anni-luce dalla Terra. Ci può spiegare meglio l’importanza scientifica della scoperta Ettore Carretti, Primo Ricercatore dell’Osservatorio astronomico di Cagliari e responsabile del Sardinia Radio Telescope di San Basilio, il più sofisticato e imponente strumento italiano di questo tipo.

Quali sono i dati importanti di questo avvistamento?

«Intanto il fatto che questi pianeti, sicuramente sei su sette, sono di tipo roccioso e non gassoso e con una a massa simile a quella della nostra Terra. Un vero e proprio record. Di questi ben tre si trovano nella zona abitabile di quella stella, e quindi potrebbero avere acqua liquida sulla loro superficie. Si trovano quindi a una distanza dal loro Sole non troppo vicina, perché l’acqua liquida evaporerebbe, ne troppo lontani perché ghiaccerebbe. Ma essere in questa zona non garantisce la vita, nel nostro sistema solare ruotano tre pianeti in questa area ma solo la Terra ospita la vita. Gli altri, Venere e Marte, per la loro pressione atmosferica, in uno troppo bassa e nell’altro eccessivamente alta, sono inospitali».

Ma dov’è questo sistema e quanto dista?

«Questo è un altro dato promettente, è un sistema vicino. In termini astronomici dietro l’angolo, 40 anni-luce, solo dieci volte la distanza da Proxima Centauri, la stella più vicina al nostro sistema solare e anche intorno ad essa ruota un pianeta di tipo terrestre».

Come si scoprono questi pianeti, come si esplora l’Universo?

«Se ne misura la presenza con varie tecniche in questo caso dei telescopi terrestri hanno identificato l’esistenza di tre pianeti, presenza confermata e arricchita poi col telescopio spaziale Spitzer della Nasa che ne ha scoperto altri quattro per un totale di sette. In questo caso si è misurato il transito orbitale davanti alla stella. I pianeti hanno un’orbita allineata e quando passano davanti alla loro stella ne riducono la luminosità. Più il pianeta è grande e più ne scherma la luce, come una piccolissima eclisse, le tecniche di oggi sono talmente sofisticate che si riesce a calcolare il raggio del pianeta e a determinarne la densità con estrema precisione».

Ma si potrebbero davvero scoprire forme di vita?

«Lo scopo finale di queste ricerche è questo: trovare traccie di vita almeno in altro luogo che non sia la Terra. La vita è anche nei mattoncini semplici come i virus e i batteri che sono organismi unicellulari. Al momento non abbiamo idea di quanto sia difficile o meno questo processo di formazione in altri sistemi planetari perché oggi conosciamo un solo caso nell’universo che è la vita sulla Terra».

Sapere che non siamo soli e unici potrebbe avere anche un risvolto culturale per l’umanità?

«I ricercatori di tutto il mondo sono già delle comunità senza frontiere, legate dalla fratellanza scientifica. Io personalmente penso alle parole dell’ultimo uomo che ha orbitato intorno alla Luna: Eugene Cernan. In orbita sentiva la solitudine mentre transitava nella faccia oscura della Luna, ma quando la Terra tornava ad apparire all’orizzonte sentiva un fortissimo senso di pace e appartenenza a un unico popolo, quello terrestre».

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