La Nuova Sardegna

Squitieri, “autore con la pistola” carico di rabbia e anticonformismo

di Giorgio Gosetti

Si è spento ieri a 78 anni a per complicazioni polmonari, i funerali domani nella Chiesa degli Artisti A lungo compagno di Claudia Cardinale nei suoi film ha raccontato Meridione ed eroi perdenti

19 febbraio 2017
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Polemico e rabbioso fino all'ultimo, utopista e anticonformista per natura e per scelta, appassionato e vitale sotto la scorza del suo apparente cinismo. Questo era Pasquale Squitieri, nato a Napoli il 27 novembre del 1938 e scomparso ieri in una clinica romana, per complicazioni polmonari, assistito dalla moglie, l'attrice Ottavia Fusco, sposata dopo anni di convivenza nel 2013. I funerali saranno domani alle 15 nella Chiesa degli Artisti a Roma.

Spesso coinvolto in battaglie d'opinione e in faziosità ideologiche, per anni venne rappresentato come «il regista con la pistola» (che si voleva portasse alla fondina come un trofeo machista), mentre il carattere celava sensibilità e timidezze mascherate dietro gli onnipresenti occhiali da sole a specchio. Straordinario motivatore e personalità carismatica, deve certamente la sua fortuna ad un linguaggio diretto e senza fronzoli ma anche al lunghissimo sodalizio con Claudia Cardinale, prima compagna ed attrice-feticcio, poi amica e confidente che non lo ha mai lasciato solo, anche dopo la separazione.

Fu Vittorio De Sica a scommettere su di lui nel 1969, producendo il suo lungometraggio d'esordio, “Io e Dio”. È il frutto dell'ondata anti-sistema del '68 che trova in Squitieri un appassionato sostenitore. Da regista sceglie invece la strada della metafora politica ammantata da cinema di genere e, con lo pseudonimo di William Redford, si lancia nello spaghetti western con due titoli di successo: “Django sfida Sartana” e “La vendetta è un piatto che si serve freddo”. Abbandonato il cinema di genere, ne porterà gli elementi strutturali in racconti più personali, dedicati al Meridione, narrando piaghe come il banditismo, la mafia, la camorra. Qui si mostra capace di conquistare il pubblico coi suoi film migliori: “I guappi!” (1974) con Fabio Testi, “Il prefetto di ferro” (1977) con Giuliano Gemma), fino a “Li chiamarono... briganti” (1999) con Enrico Lo Verso nei panni del discusso Carmine Crocco, condannato all'ergastolo per banditismo e poi rivalutato dalla storiografia partenopea come eroe popolare. Un tipico eroe perdente nel pantheon personale di Pasquale Squitieri come lo erano il Prefetto Mori, il pentito Ragusa del film omonimo (ispirato al caso Buscetta) e perfino lo stanco e disilluso Mussolini di “Claretta” (1984) con Rod Steiger e Claudia Cardinale. L'insuccesso di “Li chiamarono... briganti” chiuse a Squitieri molte porte del cinema, tanto da indurlo ad abbracciare la carriera politica nelle file di Alleanza Nazionale ma non ad abbandonare la vena artistica. Negli anni successivi avrebbe infatti diretto ancora cinque opere tra cui il film-testamento “L'altro Adamo” del 2014 , parabola visionaria sul futuro prossimo. Il sociale lo appassionava da sempre, tanto da aver dedicato più di un lavoro alla piaga dell'immigrazione clandestina e a quella delle droga, fino a indurlo (verso la vecchiaia) ad abbracciare le idee radicali, iscrivendosi al partito transnazionale di Marco Pannella. Emarginato, un pò per scelta e un pò per il carattere brusco e polemico, dall'élite intellettuale, scomodo per tutti, ma sempre difeso dal successo popolare, lascia in eredità un pugno di film da rivalutare, una figlia (nata dalla relazione con Claudia Cardinale) e un gruppo ristretto di amici e sostenitori che in lui hanno sempre riconosciuto l'onestà delle idee, la passione individualista, la voglia di non rassegnarsi mai.

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