La Nuova Sardegna

«Ora senza il suo aiuto dobbiamo fare da soli»

DI PAOLA SORIGA
«Ora senza il suo aiuto dobbiamo fare da soli»

Le lunghe chiacchierate, le battute, gli scambi di letture: il post di Paola Soriga su Facebook

16 gennaio 2017
2 MINUTI DI LETTURA





DI PAOLA SORIGA. Ricordo le lunghe chiacchierate, le telefonate, i consigli, le battute, i romanzi letti in bozze, gli scambi di letture. Ricordo quando ci siamo conosciuti, grazie a mio fratello Flavio, nella trattoria di sua sorella, o era suo fratello. Sono quasi vent’anni. Ricordo i suoi racconti, le sue storie, quelle ascoltate e quelle lette, moltissimo amate. Il fatto che non sono mai riuscita a darle del tu. Di essere stata sempre stata d’accordo con lei, sulle cose del mondo di cui abbiamo parlato. Ricordo che tutte le volte che siamo incontrati c’era Francesco Bachis, anche se so che non è vero. L’intelligenza e l’ironia e la comprensione. La sua passione, uguale alla mia, per quel manoscritto di quella signora di Cuglieri, che riuscirò prima o poi a pubblicare, anche per lei. Tutto vorrei ricordare e tutto non si può ricordare, ma so che in qualche modo si conserva, si mantiene.

Ciao Giulio, la saluto con moltissimi pensieri, con queste poche parole scritte da lontano, e con queste dello scrittore americano di origini nigeriane Teju Cole pubblicate da Giovanni De Mauro, quando, pochi giorni fa, è morto suo padre Tullio, che fanno al caso nostro, o al mio:

«Quando muore una persona amata, un familiare, un amico o un eroe, queste perdite hanno qualcosa in comune, anche se naturalmente la loro intensità varia (non posso dire della morte di un amante, che sembra essere qualcosa di diverso ancora – ma forse perfino lì, il tratto permane). Ecco che cos’hanno in comune: c’era quest’altra persona che ci aiutava in un modo particolare, e adesso se n’è andata, e l’aiuto che ci dava se n’è andato insieme a lei. Essere in lutto è non avere più, essere privato di. Nel cordoglio, oltre al dolore puro, c’è la perdita dell’aiuto. Prima c’era una complicità, un lavoro (un lavoro emotivo, per esempio) che due individui realizzavano insieme. Adesso uno, il sopravvissuto, per quanto riluttante sia, deve farlo da solo. Ecco perché un aspetto della perdita è la sensazione di essere all’improvviso costretti a “crescere”. A delineare il lutto non è solo il vuoto scavato dalla tristezza: è sapere che quel che si faceva in due, qualunque cosa fosse, che avesse un nome o no, che fosse reciproco o no (nel caso degli eroi lo è raramente), adesso bisogna farlo da soli. Nella zona della tua complicità con la persona amata, familiare, amico o eroe, tu sei un bambino. Forse lì si è bambini insieme. La morte costringe a mettere via le cose da bambini, ed è sempre troppo presto».

In Primo Piano

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative