La Nuova Sardegna

La politica sempre dalla parte dei più deboli

di Marco Bittau
La politica sempre dalla parte dei più deboli

Cent’anni fa nasceva una delle poche donne elette alla Costituente, dirigente comunista e fondatrice di “Noi donne”

29 dicembre 2016
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di Marco Bittau

La Sardegna era la sua seconda patria. Non solo il luogo del cuore e degli affetti più cari, ma anche quello dell'impegno politico e sociale. La terra della battaglia civile. Nadia Gallico Spano nella galleria dell'Antifascismo italiano è sempre una figura luminosa, anche al fianco di un gigante assoluto come il marito Velio Spano, sardo di Teulada, dirigente centrale del Partito comunista italiano. Marito e moglie, insieme un pezzo importante della storia d'Italia.

Nadia era nata cento anni fa a Tunisi. E’ morta a Roma il 19 gennaio 2006. Una vita lunga e intensa. Era cresciuta in un ambiente antifascista, laico e liberale. Alla vigilia della guerra si era iscritta al Partito comunista a Tunisi. Aveva partecipato alla resistenza contro l'occupazione tedesca e il regime di Vichy e per questo era stata condannata al carcere. Dopo la liberazione di Napoli aveva raggiunto l'Italia, dove aveva fondato e diretto il giornale “Noi donne” e lavorato nell’Unione donne italiane e nella sezione femminile del Pci.

Nel centenario della nascita il ricordo di Chiara, una delle sue due figlie, è appassionato, militante. «Il suo primo viaggio in Sardegna risale alla primavera del 1945, per studiare la condizione delle donne nell’isola, che ha considerato sempre come sua seconda patria – racconta la figlia –. A 30 anni era stata eletta nell’Assemblea costituente, quindi deputato in Parlamento per la Sardegna fino al 1958. In seguito aveva lavorato per il Movimento dei partigiani della pace e, nella sezione esteri del Pci, per il sostegno ai movimenti di liberazione dal colonialismo di diversi paesi africani e di indipendenza del Vietnam». «Era una persona discreta, determinata, forte, coraggiosa, intelligente e soprattutto molto generosa – continua Chiara –. Non era propriamente un’intellettuale, ma coltivava moltissimi interessi. In ogni momento e della sua vita e in ogni sua attività si era battuta in difesa dei più deboli per un’evoluzione progressista e democratica della società, considerando la politica uno strumento per conseguire l’attuazione dei diritti e il miglioramento della qualità della vita dei meno fortunati. E non una carriera. Nel dopoguerra era stata attiva nel Comitato che si batteva per l’estensione del diritto di voto alle donne; si era adoperata collaborando anche con le Sorelle della Croce Rossa per organizzare quei treni detti poi “della felicità” che portarono migliaia di bambini dal Sud – anche da Carbonia – a svernare nelle case accoglienti di generosi emiliani, romagnoli, liguri e piemontesi. Nei suoi ultimi anni, infine, si era dedicata alla diffusione, soprattutto tra i giovani delle scuole, delle idee e dei valori della Costituzione».

Già, la Costituzione. Da Madre costituente, Nadia Spano la conosceva bene e condivideva la necessità di aggiornarla, ma diffidava dei tentativi di stravolgerne lo spirito e anche la forma. «I Costituenti – ricorda la figlia Chiara – avevano sintetizzato in un linguaggio limpido, conciso e accessibile il risultato condiviso di lunghe e profonde discussioni sui principi fondanti e sul futuro ordinamento della nuova Italia repubblicana e democratica. In ogni suo articolo la Carta costituzionale promulgata nel 1948 doveva essere, secondo gli estensori, la base unificante di civile convivenza per tutti i cittadini, una legge superiore, super partes, che avrebbe informato, senza dipenderne, l'attività del legislatore, del governo e della magistratura. Per questo su ogni questione fu necessario conseguire un giusto consenso. Un compromesso, si potrebbe dire, nella migliore accezione del termine». «E per questo – conclude – ricorrendo anche a linguisti emeriti, allora si pesò ogni parola, ogni espressione. Si limò ogni asperità formale, perché, nonostante in quei due anni la contesa tra i partiti fosse tutt'altro che spenta, e si verificasse una gravissima crisi politica che vide estromessi dal governo socialisti e comunisti, tutti i Costituenti erano veramente convinti della necessità di realizzare, conseguendo l’unanimità o una larghissima maggioranza, una legge rispondente unicamente agli interessi del Paese e non a quelli di una sola parte politica. E così è stato. Ma erano altri tempi».

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