La Nuova Sardegna

Farmer e cow boy per sconfiggere la crisi

di Giacomo Mameli
Farmer e cow boy per sconfiggere la crisi

Da Urzulei a Villagrande a Perdasdefogu: in Ogliastra il ritono alla terra per reagire a disoccupazione e spopolamento

02 dicembre 2016
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PERDASDEFOGU. La ricetta anti-spopolamento? Il ritorno alla campagna, farmer e cowboy. Dopo l’epopea delle tute blu è quasi un miracolo, proprio come sognavano i programmatori del Piano di rinascita. La ricetta è poco amata in Sardegna, regione che ha una bilancia alimentare disastrosa (l’80 per cento di ciò che consumiamo – carne, pesci, frutta e verdura – arriva da Oltretirreno, Oltralpe e Oltreatlantico). La maggior parte dei giovani emigra. Ma un ritorno alla campagna c’è, lo si può documentare in Ogliastra, zona interna che perde abitanti e dove alcuni paesi rischiano di scomparire.

NUOVE AZIENDE. Succede a Perdasdefogu (e non solo) dove il lavoro è merce sempre più inesistente. Per reazione al vuoto assoluto, stanno sorgendo mini aziende pastorali e agricole gestite da giovani che non sono figli d’arte. Si danno all’allevamento figli di bancari, di farmacisti, di commercianti e di insegnanti. È un cambio di passo. Se la scelta bucolica prima era scartata, oggi interessa anche i giovani che non vogliono salpare il Tirreno e varcare le Alpi. Con parità di genere. Alice Manca ha 24 anni, il figlio Antonio ha 15 mesi, il marito Gianfranco Lai fa il muratore («ma cantieri edili non ce ne sono né in paese né in quelli vicini»). E allora? Alle capre ci va mamma Alice, anche col bimbo in braccio. E il latte? «Ai caseifici». Perché capre spagnole? «Producono più latte e mi piace il loro manto rossastro». Il reddito? «È poco, ma meglio di nulla. È un forma di integrazione, ci si deve arrangiare».

FATTORIE DIDATTICHE. Anche Ilaria Lai, 28 anni, e il marito Maurizio di 31, hanno optato per la fattoria degli anaimali: «Abbiamo cinquanta vitelli, li teniamo al pascolo in terreni comunali di 120 ettari». E alla fine del mese? «Qualcosa resta, commercializziamo le carni in zona, e poi che cosa dovremmo fare? Attendere offerte di lavoro che non ci sono? Emigrare e pagare affitti da mille euro? È meglio stare in paese, conviene anche economicamente». Francesca Locci e il marito Massimo Orrù insistono con pecore e capre da anni: «Non viviamo nell’oro ma qualche soldo arriva dalla vendita dei formaggi, la casa è nostra, speriamo di poter produrre di più. Stiamo creando la fattoria didattica. Crediamo nella campagna». Parla così anche Stefania Lai, allevatrice per passione.

PASCOLI E LATTE. Nuovi allevatori crescono. Come Giuseppe Locci noto Badrolla (anche lui capre acquistate in Spagna), come Maurizio Mura che ha 25 anni e dopo la qualifica all’Ipsia ha optato per 40 vacche sarde acquistate a Urzulei e tenute al pascolo a “Pal ’e mardis” in terreni di famiglia. «Non avevo alcun’altra scelta e poi ho visto che i soldi arrivano comunque. E vivo a casa mia, con mamma e nonna. Mi va bene. Meglio qui che a Dusseldorf». Stesso ragionamento fa Riccardo Murgia Pillalla, 23 anni, una cinquantina di mucche e suini. «Ho visitato aziende di Arborea, vorrei essere come gli allevatori veneti, un modello da imitare». Poi ci sono i senatori. Fra tutti Basilio Lai Carronarbu che ha superato gli 80 e Luigi Lai detto Longu. Sandro Demontis ha 49 anni. Ha 250 pecore e venti mucche, versa il latte ai caseifici di Nurri e di Tertenia («ma il prezzo del latte è davvero assurdo, i costi crescono a vista d’occhio»). Pascoli fra terreni comunali e privati. Idem per il “re”, Costanzo Carta “de Piddori de Peppantoni”. Dopo 18 anni «anche di commercio» ha scelto «la sola campagna». Ha terreni fra nuraghi e fiumi, sta ricreando una capanna nuragica, recinti, cento capre, 200 pecore, 80 vacche, 20 cavalli. «È una vita di sacrifici, ma il reddito c’è. Vivo bene all’aria libera, senza padroni. E giovano anche i contributi regionali ed europei, sono utili». Lamentele? «Le strade vicinali sono un disastro, il Comune dovrebbe provvedere. Abbiamo bisogno anche di vasche per l’acqua e del miglioramento dei terreni».

TUPPÀDA E BOVERI. C’è chi innova. Matteo Pisano, 35 anni, laurea in Pedagogia e prossima laurea magistrale in Psicologia, ha impiantato due serre: nelle campagne di “Errìu mèli” arriverà presto a 1500 metri quadrati per allevare lumache, nelle colline di “S’argidda” è nata una fungaia. Per le lumache la scelta è caduta sulla specie Tuppàda e Boveri, prossima tappa la rigatella («quella amata dai sassaresi, la Eobania vermiculata»). Perché? «Per avere comunque un reddito al di là della professione futura».

MEGLIO RESTARE. Pisano riassume un po’ la filosofia di vita dei suoi paesani: «Intanto vogliamo reagire allo spopolamento ed evitare di vedere morire il paese: se tutti fuggiamo chi resta? Ma c’è anche una ragione affettiva: tutti noi in paese viviamo bene, c’è umanità. E un calcolo economico: mille euro, ma anche 1500 incassati a Roma Genova o Milano non bastano per vivere, pagare affitto e mangiare. È meglio darsi da fare tra le mura di casa. L’agricoltura di qualità ha un futuro. La macelleria di Perdasdefogu ha la lista d’attesa perché i clienti sanno di mangiare carni locali allevate in terreni non inquinati, le colonie e le vallate del lato Flumineddu sono dominate da diversi marcatori ambientali certificati da entomologi e agronomi. Dobbiamo resettare le nostre convinzioni e valorizzare il fattore ambientale. Vale per l’Ogliastra ma vale per la Baronia, la Gallura e la Nurra, per tutta l’isola. Bisogna credere nella buona agricoltura, nelle nuove tecnologie, che ci possono solo essere d’aiuto. Non abbiamo paura di sfidare i mercati».

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