La Nuova Sardegna

«Il messaggio dei miei libri: fiori e api, la natura ci salva»

di Giacomo Mameli
«Il messaggio dei miei libri: fiori e api, la natura ci salva»

Esce con Garzanti la nuova opera della scrittrice di successo e apicoltrice sarda «Attraverso le spine nascono gli affetti, esattamente come succede con le rose»

20 ottobre 2016
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SAN SPERATE. Dice che il nuovo libro, da oggi in tutte le librerie italiane, è «il romanzo della rinascita». Quasi che con “Il giardino dei fiori segreti” (Garzanti, 360 pagine, euro 16.90) Cristina Caboni voglia esorcizzare guerre e terremoti, angosce e ambasce casa per casa, i personaggi ci sembrano quelli della porta accanto. Ammette di «aver pianto» raccontando storie di vita tanto normali quanto tormentate. Dopo “Il sentiero dei profumi”e l’ancor più fortunato “La custode del miele e delle api” si conferma «autrice rivelazione» essendo mamma di tre figli, moglie, apicoltrice nel Campidano di San Sperate. Pagine delicate, terapeutiche, cifra letteraria originale, il piacere di leggere storie di vita, didascalie del mirto e della mortella, dell’amarillide che «è il fiore dell’eleganza», dell’oleandro «simbolo di cautela», del corbezzolo che «consente di dare gioia e colore alle tristi giornate autunnali». Luoghi che non hanno a che fare con la Sardegna perché «sono belli tutti i luoghi del mondo». Scrittrice europea, tra la Provenza e Amsterdam, Londra e Parigi, «vedo i luoghi grazie ai miei personaggi». Da oggi sarà in molti luoghi a raccontare che «tra le spine ogni rosa cresce più forte». Debutto a Milano, poi Voghera, Belluno, Novara, Alessandria, Spilanberto. E poi il tour sardo.

Dopo i profumi e il miele ecco i fiori e un giardino: c’è il desiderio di descrivere il mondo come un Eden?

«Siamo circondati da una natura meravigliosa, che spesso ignoriamo. Ma la natura può darci tanto in termini di serenità e gioia. I profumi sono sempre stati presenti nelle nostre esistenze, sono un linguaggio che ci identifica perché è solo nostro e parla di noi, eppure ci accorgiamo di essi solo quando li prendiamo in considerazione. E questo vale anche per i fiori, e i giardini. Non c’è gioia più semplice, modesta eppure infinitamente soddisfacente come quella che si prova nel vedere crescere una piantina, o sbocciare un fiore che si è coltivato. Utilizzare le nostre mani per creare, modificare, agire ci rende forti. Nei miei romanzi parlo del mio mondo, di quello che mi incanta, e che mi affascina, di quello che mi circonda. Le nostre esistenze sono complesse, difficili, ma possiamo avere momenti di pace se riusciamo ad attingerli da ciò che ci circonda. La natura è un porto sicuro, il nostro Eden».

Iris e Viola, Claudia e Giulia Donati, “una vera Donati”. In questi personaggi c’è Cristina Caboni che si sdoppia, si quadruplica diventando interprete di una società tormentata?

«Dei miei romanzi, questo è quello che più mi ha fatto soffrire. C’è una grande angoscia nelle loro vite. Ci sono stata trascinata dentro, ho vissuto tutto come una sorta di spettatrice consapevole e partecipe. Ho pianto più delle volte precedenti, e mi capita spesso quando scrivo. Credo che Il sentiero dei profumi sia il romanzo della rinascita. La custode del miele e delle api, del coraggio, Il giardino dei fiori segreti quello del perdono. Perché solo il perdono, per noi stessi, per chi abbiamo amato e ci ha ferito, per la vita, ci consente di andare avanti. Perdonare è la cosa più difficile. Ci vuole un coraggio e una forza enormi».

Nel libro ci sono amori con detective. Ma non è una spy-story. Pagina dopo pagina sembra di avere davanti uno psicoterapeuta?

«Sono tappe. Ognuna è un anello di una catena che è stata creata nel passato dai personaggi, e che io percorro al contrario. Però vedo tutto attraverso le emozioni, che sono quello che rende tutto speciale».

Lei scrive che attraverso le spine nascono gli affetti. Nel libro ci sono più petali o più spine? Vuol regalare serenità a un mondo inquieto?

«Spesso le spine ce le facciamo crescere addosso per poterci difendere. Così però ci distacchiamo dal mondo perdendo tanto. Credo che la strada giusta sia trovare una sorta di equilibrio, perché se siamo coperti di spine, non possiamo vedere tante cose che ci appaiono solo quando siamo capaci di notare i petali».

Ogni capitolo è preceduto dalla descrizione di una pianta, di un arbusto, di un fiore, quasi un trattato di botanica che diventa opera letteraria?

«Sono piccoli consigli di giardinaggio, curiosità. Molte persone non si cimentano nella meravigliosa arte del giardinaggio perché pensano che sia difficile, invece bastano poche regole. Amare una pianta è naturale, così se ci facciamo trasportare dall’istinto, e teniamo a mente le sue necessità basilari, riportiamo tutto a un livello sereno e normale».

La Provenza e Firenze, Parigi e Amsterdam, Viola vuol tornare in Inghilterra. Luoghi lontani da dove lei abitualmente vive e lavora ma li ama come gli agrumeti di San Sperate?

«Io vedo i luoghi grazie ai miei personaggi, nei miei personaggi, che me li mostrano con i loro occhi. Così è impossibile non apprezzarli. Prima di descrivere i luoghi mi documento a lungo: immagini, video, racconti di chi ci ha vissuto. Noi viviamo nei luoghi, i luoghi sono la culla dell’uomo. E poi chiudo gli occhi e li vedo nella mia mente, e tutto assume una dimensione che per me è assolutamente reale. E sì, li amo. Amo la natura: quella mi fa vivere tra api, miele, profumi, giardini. In questo momento di grandi turbamenti, in Sardegna E nel mondo, la natura è la nostra àncora di salvezza. Quanto mi piacerebbe che al posto delle macerie della guerra di Aleppo ci fossero fiori e giardini. Quanto mi piacerebbe che fossero giardini i cumuli di rovine ad Amatrice. Quando mi piacerebbe che il mare fosse coperto di fiori non di croci senza nome. Il mondo deve amare la natura e imparare da essa».

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