La Nuova Sardegna

A Sassari un team di “maghi”

Nel Centro di Li Punti esperti al lavoro per tre anni su oltre cinquemila frammenti

30 settembre 2016
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SASSARI. La storia del restauro dei Giganti comincia nel 2005, quando il ministero per i Beni culturali e la Regione stanziano un milione e duecentomila euro per finanziare il recupero del complesso scultoreo. I lavori cominciano nel 2008 per concludersi nel 2011 nel Centro di conservazione archeologica di Roma, diretto dall'archeologo Roberto Nardi, lavorano alacremente sotto la direzione dei tecnici del Centro di restauro di Li Punti, struttura della Soprintendenza di Sassari che fino a pochi anni fa ha ospitato le sculture, le ha custodite ed esposte al pubblico per la prima volta. La direzione scientifica, affidata a Antonietta Boninu, Gonaria Demontis, Alba Canu e Luisanna Usai, è incaricata di una missione speciale: gestire le operazioni di ripulitura, catalogazione e ricomposizione di un gigantesco puzzle di 5178 frammenti.

Lo studio dei reperti (il più grande pesa 200 chili, il più piccolo 0,2 grammi) permette agli specialisti di classificare 12 teste, 27 busti, 176 frammenti di braccia, 143 di gambe, 784 di scudi. Si comincia con il lavoro di catalogazione grazie all’impiego di tecnologia avanzata. La fase più delicata è la ripulitura dei frammenti in calcare sedimentario che dalle analisi risulta compatibile con quello presente nell’area tra Cornus e Santa Caterina di Pittinuri. La pulitura avviene secondo un ciclo a fasi progressive, da operazioni blande a interventi più invasivi. Prima la rimozione a secco dei depositi terrosi con pennelli, bisturi e aspiratori, poi l’uso di un getto d'acqua vaporizzata che senza impregnare la pietra permette di rimuovere i materiali dalla superfice. I cicli di esposizione all’acqua atomizzata variano da due a quattro ore, seguiti da interventi con pennelli e spazzolini. Le ultime particelle vengono rimosse con bisturi e stecchini di legno. L’impiego di solventi chimici è limitato a casi particolari, tecnica che comunque tiene conto della fragilità del calcare e permette di individuare tracce di lavorazione. I restauratori rilevano anche segni di un incendio che può avere alterato la superfice e il colore della pietra.

Quest’ultimo elemento consentirà agli archeologi di formulare ipotesi legate al probabile tragico epilogo a cui possono essere andate incontro le sculture. La fase del montaggio permette di ricomporre le sagome di cinque arcieri, quattro guerrieri, sedici pugilatori e tredici modelli di nuraghe. A lavoro finito, le trentotto sculture vengono montate su supporti metallici senza l'uso di perni passanti, strutture speciali, progettate ad hoc, grazie alle quali oggi si può assistere allo spettacolo dell'arte ritrovata.

Nel 2014 viene varato il progetto Sistema museale di Monte 'e Prama, con due fasi espositive, una temporanea e una definitiva. La prima si sviluppa su due poli, il museo archeologico di Cagliari e quello civico di Cabras, la seconda prevede l'ampliamento di quest’ultimo per riunire il complesso in unica sede.

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