La Nuova Sardegna

«Donne che non vogliono essere madri»

di Grazia Brundu
«Donne che non vogliono essere madri»

Intervista con la sassarese Marilisa Piga, regista del docufilm “Lunàdigas”: contro l’ideologia del “Family Day”

28 settembre 2016
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SASSARI. «Dieci anni fa, quando Nicoletta e io abbiamo iniziato ad interessarci all’argomento, moltissime donne ci hanno detto: non fatemi domande sul perché non ho figli, tanto non vi dico niente. Invece, col passare del tempo, le risposte sono arrivate. E in tante hanno ammesso, quasi con sollievo: finalmente se ne parla». Marilisa Piga e Nicoletta Nesler, una di Sassari l’altra altoatesina nata a Roma, dal 1991 condividono la stessa passione nel raccontare i cambiamenti della società attraverso il cinema, la radio e la Tv. Sono nate negli anni Cinquanta, alla fine della guerra, quando in Italia la curva demografica iniziava a salire. Però, ironia della sorte – e del Fertility Day con le sue goffe esortazioni alla “fertilità bene comune”– il loro ultimo documentario parla della tendenza opposta: la decisione sempre più diffusa delle italiane a non avere bambini.

Il lavoro, nato prima sul web, adesso approda in concorso, in prima visione assoluta, al Festival del Documentario “Visioni dal mondo, immagini dalla realtà” (a Milano dal 5 al 9 ottobre). Raccoglie testimonianze di donne senza figli, sconosciute e famose (Maria Lai, Margherita Hack, Melissa P, Veronica Pivetti) sotto il titolo di “Lunàdigas”. Lo stesso nome che i pastori sardi danno alle pecore balzane, quelle che non figliano. A sottolineare che la rinuncia volontaria alla maternità è vista ancora, troppo spesso, come incomprensibile, strana, contro natura.

Ma una donna deve giustificarsi, quasi «vergognarsi», di non avere figli?

«Parlare di vergogna mi sembra eccessivo, però esiste una certa diffidenza verso una donna che non sia madre. La figura femminile è vista da sempre come colei che si prende cura di tutti: figli, marito, casa, genitori anziani. Se decide di non riprodursi scardina un ruolo, e questo lascia sconcertati»

E le donne come convivono con questa parte voluta per loro dalla società?

«Spesso sono le prime a pensarla così. Tra le testimoni c’è qualcuna che dice: “La cosa che mi colpisce di più è lo sguardo e i commenti, a volte feroci, delle donne che hanno generato figli verso quelle che fanno una scelta diversa”. Abbiamo incontrato persone di tutte le età. Ci sono anche ragazze molto giovani, per esempio un gruppo di ostetriche sui vent’anni che dice: “Siamo fatte per essere madri e non esserlo significa non essere una donna completa”. Sicuramente dipende molto dall’educazione personale, dalla visione del mondo, però la maggioranza la pensa ancora così».

Chi decide di non avere figli, invece, che motivazioni ha?

«Le ragioni sono veramente tante, diverse per ciascuna donna, e non sempre gli aspetti sociali o geografici sono dominanti. Può dipendere dal fatto di non aver trovato il compagno giusto, o di considerare i figli una responsabilità troppo grande. O semplicemente, come racconta Veronica Pivetti, dal non sentire un particolare istinto materno. E poi, per quanto riguarda le donne della generazione di Nicoletta e mia, c’è una forma di ribellione generazionale che si aggiunge alle ragioni personali».

Tornando alle motivazioni per non avere figli, che ruolo hanno la scarsità di asili pubblici e di incentivi per le madri lavoratrici?

«In realtà questa ci è sembrata una ragione più presente nelle donne che i figli li hanno. Ne abbiamo incontrato alcune, che serenamente hanno deciso di confrontarsi con chi non ha scelto la maternità, e hanno effettivamente accennato a queste difficoltà».

Margherita Hack e Maria Lai cosa vi hanno raccontato sulla scelta di non essere madri? «Maria Lai non escludeva l’idea di potere avere dei figli ma, nel caso, li avrebbe affidati alla sorella perché sapeva di doverli tenere a una certa distanza. Credo che fosse un suo modo gentile di dire che si sentiva poco materna. Margherita Hack, invece, ci ha detto: “Forse io e mio marito siamo rimasti bambini; per questo, bambini non ne abbiamo mai voluto”».

E la scrittrice Melissa P., l’autrice del romanzo “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire”?

«Lei è poco più che trentenne, non ha ancora deciso. Però è segnata dal fatto di essere una figlia non voluta e questo la fa sentire come se ogni giorno dovesse chiedere scusa di esistere».

Tra le testimonianze, nella versione web, ci sono anche uomini senza figli. Su di loro la società esercita pressioni?

«No, anzi, a meno che qualcuno non ne metta in dubbio la virilità, di solito gli amici di un uomo che non è padre tendono a pensare: “Beato lui!”».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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