La Nuova Sardegna

L’Italia punta all’Oscar con Rosi

“Fuocoammare” scelto come candidato nella selezione che premia il migliore film straniero

27 settembre 2016
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ROMA. Sarà «Fuocoammare» di Gianfranco Rosi a concorrere per l’Italia alla nomination come miglior film straniero agli Oscar. Il film-documentario su Lampedusa e sul dramma dei migranti, premiato con l’Orso d’oro alla Berlinale, racconta le vite degli abitanti dell’isola siciliana frontiera d’Europa e il dramma di quanti vi sbarcano sognando una vita migliore. L’annuncio delle nomination è previsto per martedì 24 gennaio 2017, mentre la cerimonia di consegna degli Oscar si terrà al Dolby Theatre di Los Angeles domenica 26 febbraio 2017. Intanto «Fuocoammare» è già stato presentato in tre festival americani (Telluride, Toronto e New York) ed è stato venduto in tutto il mondo. Il 21 ottobre arriverà anche nelle sale Usa accompagnato da una retrospettiva sui film di Rosi al Lincoln Center di New York.

La decisione che sia “Fuocoammare” a rappresentare il cinema italiano alla selezione del Premio Oscar per il miglior film in lingua non inglese è stata presa ieri dalla commissione di selezione istituita dall’Anica su invito della «Academy of Motion Picture Arts and Sciences». In lizza c’erano altri sei film, tra cui “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese e “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti, ma alla fine ha prevalso il docu-film che racconta con delicatezza i piccoli-grandi problemi di Samuele, il bambino di 12 anni che con la sua vita tranquilla e inconsapevole a Lampedusa è una metafora dell’Europa miope e infantile di fronte al dramma dei migranti. Della commissione selezionatrice hanno fatto parte: Nicola Borrelli, direttore generale cinema del ministero per i Beni culturali; i produttori Tilde Corsi e Roberto Sessa; i distributori Osvaldo De Santis e Francesco Melzi D’Eril; i giornalisti Piera Detassis ed Enrico Magrelli; lo scrittore Sandro Veronesi e il regista Paolo Sorrentino.

«Questa candidatura – commenta Rosi – va oltre il mio film. In questi otto mesi il film è stato distribuito in più di sessanta paesi. E mi sembra sia diventato un film di tutti. In un mondo in cui si continuano a erigere muri e barriere questo mio lavoro è nella linea delle parole pronunciate da Barack Obama all’Onu: chi costruisce muri costruisce una prigione per sè stesso».

«E’ davvero meraviglioso – aggiunge Rosi – portare a Los Angeles la gente di Lampedusa, Pietro Bartolo, Samuele e Peppino. Ringrazio la commissione per aver scelto un film documentario a rappresentare l’Italia. Ho appena scoperto che anche l’Ucraina lo ha fatto. Questo testimonia che il confine tra cinema e documentario è sempre più labile. Sono recinti che ormai non hanno più molto senso». «Da febbraio non mi sono mai fermato – racconta il regista –. Sono in giro in tutto il mondo, come una trottola. In un momento storico difficile, il messaggio di questo film arriva forte e chiaro. Ed è necessario che io lo accompagni nel suo viaggio. In questo momento, ad esempio, sono a Parigi per l’uscita del film in Francia. Prossima tappa, ben prima della vera campagna per i premi Oscar, è proprio l’America».

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