La Nuova Sardegna

Dura è la lotta di classe ai tempi della “Buona scuola”

di Alessandro Marongiu
Dura è la lotta di classe ai tempi della “Buona scuola”

Mario Fillioley, un insegnante siciliano che viene catapultato a San Gemini: da Siracusa all’Umbria, il resoconto esilarante di un “docente in prova”

26 settembre 2016
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La comunicazione arriva alle due di notte – l'orario può apparire bizzarro solo a chi non abbia dimestichezza con il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – e dice “TR”, sigla che indica la provincia in cui il professore dovrà prendere servizio nel settembre successivo. È bene precisare: prendere servizio e trasferirsi, se vuol lavorare, perché il professore in questione, Mario Fillioley, è nato e vive a Siracusa, e la sua destinazione è San Gemini, giusto a 800 chilometri. La “Buona scuola” significa anche questo.

Essendo tra quanti hanno la possibilità di spostarsi (non senza complicazioni, però: sua moglie è costretta a rimanere in Sicilia), Fillioley parte alla volta del paese reso famoso dall’acqua che vi si imbottiglia e si vende in tutta Italia: inizia così Lotta di classe (minimum fax, 165 pagine, 15 euro), il diario spassoso, a tratti esilarante, «di un anno da insegnante in prova», che prende le mosse dalla vera esperienza dell’autore in territorio umbro.

L’impatto con la nuova realtà è stordente: reduce da un incarico in un istituto professionale siracusano in cui gli studenti passavano il tempo a picchiarsi selvaggiamente ed entravano e uscivano a loro piacimento (dalle finestre, in genere), e abituato a una città chiassosa e governata dalla legge del più prepotente, il professore si trova catapultato in un ambiente quasi irreale, placido quanto gentile, in cui il massimo della cattiveria è rappresentato dal dare appositamente delle indicazioni sbagliate agli autisti di camion per farli incastrare sotto un arco che unisce due muri.

I ragazzi sono ragazzi dovunque, ad ogni modo, e Fillioley scopre così che si picchiano anche a San Gemini: solo che lo fanno in maniera democratica (tutti possono dare botte a tutti), a differenza di quanto succedeva al Sud, dove chi apparteneva alla casta degli assoggettati non poteva neanche pensare di esercitare una qualche forma di violenza sui membri di quella dei picchiatori. I ragazzi, inoltre, sono ragazzi anche in epoche differenti: l’insegnante Fillioley racconta il suo lavoro di oggi confrontandolo con i giorni in cui, negli anni Ottanta, lo studente era lui, costruendo il libro su una sorta di montaggio alternato in cui le vicende del passato si riflettono e riversano su quelle del presente.

Qui, nell’insistenza su questo gioco di specchi, sta il limite di “Lotta di classe” (dei tagli in fase di editing forse avrebbero giovato). Nel complesso siamo comunque di fronte a un’opera più che godibile, che sceglie il tono leggero senza mai essere, a ben vedere, superficiale.

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