La Nuova Sardegna

Il sax di Charles Lloyd Un viaggio nel jazz

di Walter Porcedda
Il sax di Charles Lloyd Un viaggio nel jazz

Sabato a Berchidda un caleidoscopio di passato e presente Il musicista americano ha regalato un live indimenticabile

15 agosto 2016
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BERCHIDDA. Time in jazz, le leggende esistono ancora. Serata al calor bianco, sabato, per la monumentale performance di un mito vivente della musica afroamericana, il sassofonista Charles Lloyd, ultimo coltraniano con una esistenza straordinaria dietro le spalle. Lloyd è infatti, un po’ la summa vivente del mood stelle e strisce che unì per una lunga fatata stagione, letteratura e musica improvvisata, roots e cultura on the road.

Votato sin dalla giovane età alla musica, si addormentava ascoltando alla radio la cantante Billie Holliday con cui s’immaginava storie d’amore, perduto letteralmente nei suoi blues. Originario di Memphis, Tenessee, Lloyd, soffiò nel sax già a nove anni, per suonare ventenne nei club di Los Angeles con Eric Dolphy, Don Cherry, Scott Lo Faro... Ed è un viaggio pazzesco che compirà a contatto con grandi come Cannonbal Adderley, Chico Hamilton e Zawinul fino a incontrare Miles Davis, Beach Boys... etc. Primo a vendere un milione di copie con “Forest Flower” si ritira dalle scene nel 1970 per vivere a Big Sur. In silenzio per dieci anni torna in pista nel 1981 per introdurre un giovane Petrucciani nel milieu americano. Fu il grande ritorno con una rinnovata energia e un timing strepitoso che ha alternato una decina di dischi per la Ecm a live session. Queste ultime sono indescrivibili opere d’arte dove la perfezione del sound si salda con una tangibile energia della scena calcata da Lloyd e i partner del suo New Quartet che l’altra sera hanno avvolto piazza del Popolo in una bolla magica. In questo immaginario cocoon hanno intrecciato storie di alta musica in un set simile a una unica suite dove Lloyd ha sfoderato fraseggi fluenti, sciorinando scale che si fanno melodie, canti e nenie blues. A tenere il centro come un metronomo, alternando l’arpeggiare all’archetto è Harish Raghavan in simbiosi con il fine e potente drummer Eric Harland, poeta di pause e costruttore di ritmo indispensabile al superlativo Jason Moran al piano nell’ordire le trame per le esplosioni sonore di Lloyd. La scaletta è un caleidoscopio di passato e presente. Si parte con “Dream Weaver” inciso nel 1966 con DeJohnette, Jarrett e McBee. Si prosegue con “Caroline No” di Brian Wilson, “Passin’ Thru” risalente al periodo con Hamilton (1963), un brano di Silvio Rodrigues, “Rabo de Nube” inciso nel 2007. E poi ancora “Island blues” del 1968 e infine “Prayer” del 2001.

Non passerà invece alla storia il concerto d’apertura che vedeva assieme la pianista Rita Marcotulli in un claudicante duo con il percussionista di origine francese Mino Cinelu. Difficile l’incontro tra due universi assai distanti. Cinelu, che nel suo palmares vanta un’incisione con Miles Davis e i Weather Report nonché collaborazioni con diverse popstar è un “colorista”, molto bravo nel suonare il triangolo ma decisamente esuberante nel rovesciare quintalate di loop preregistrati dove c’è un po’ di tutto, tamburellando sulla sua padella cibernetica che amplifica e modifica il drumming con curiosi effetti da disco set.

E’ andata meglio ieri mattina, complice la straordinaria location del castello dei Doria a Chiaramonti (anche qui sotto un implacabile solleone) nell’incontro con Paolo Fresu che con la sua magica scatola di effetti ha reso pan per focaccia all’eclettico Cinelu, regalando un set più aperto con le puntuali (e rinfrescanti) impennate liriche della sua tromba.

Oggi si chiude alle 21,30 con Michel Portal e il duo Amadou& Mariam. La mattina pranzo berchiddese, set di Fresu, Bombino e Amadou e gara poetica. Domani a Cheremule solo di Portal alle 18 e all’Argentiera, ore 21, live di Bombino.

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