La Nuova Sardegna

Mont’e Prama, ecco qual era il vero volto dei Giganti

di Pasquale Porcu
Il volto del giovane seppellito a Monte ’e Prama ricostruito attraverso l’analisi del teschio
Il volto del giovane seppellito a Monte ’e Prama ricostruito attraverso l’analisi del teschio

Il lavoro di un gruppo di archeologi e di scienziati dell’Università di Sassari: ricostruite in laboratorio le sembianze di un guerriero

11 agosto 2016
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STINTINO. Eccolo finalmente l'eroe di Mont ’e Prama. Anzi un eroe di Mont ’e Prama. Il primo del quale è stato ricostruito il volto. È giovane, sui 20/25 anni, forte, senza barba e con due belle trecce che scendono lungo il petto. Non è stato facile ricostruirne le sembianze, si è dovuti ricorrere alle più sofisticate tecniche utilizzate dalla medicina forense e dalla bioarcheologia. Ma alla fine gli sforzi sono stati premiati.

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La presentazione ufficiale della scoperta avverrà venerdì 12 agosto alle 20 al Museo della Tonnara di Stintino durante la conferenza “Le nuove frontiere della bioarcheologia: Mont ’e Prama”. I relatori saranno i due studiosi che hanno coordinato la complessa ricerca ; l’archeologo Raimondo Zucca, direttore degli scavi nel 2014, e il microbiologo Salvatore Rubino, che ha coordinato lo studio bioarcheologico. La ricerca è stata possibile grazie all’Università di Sassari, che ha finanziato sia la campagna di scavo nel Sinis di Cabras nel 2014 sia le analisi sul dna antico portate avanti dal dipartimento di Scienze biomediche.

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Il sito. Il celebre sito delle statue nuragiche di Mont ’e Prama, dove sono state trovate le sepolture e le statue dei famosi Giganti, è localizzato nella Sardegna centro occidentale, nel Sinis, a 2 km ad oriente della laguna di Cabras (Mar ’e Pontis). L’area della necropoli è riportabile alla Prima Età del ferro (900-750 a. C.) con le statue e gli altri segnacoli (betili e modelli di nuraghe). Il sito fu scoperto da un contadino nel 1974 e finora sono state tante le campagne di scavo. Ma la storia del sito è ancora tutta da chiarire. La necropoli si compone di tombe a pozzetto per la deposizione di un singolo inumato, disposte a filari quasi regolari. Le tombe, a parte rare eccezioni, non possiedono corredo o perché depredato in antico o per assenza effettiva di deposizioni di manufatti. Fin dalle prime ricerche è apparsa subito evidente l’importanza archeologica del sito per la ricostruzione delle civiltà della Sardegna e del Mediterraneo nei secoli precedenti alla nascita di Cristo. La necropoli accoglie inumazioni individuali, privilegio riservato a individui di alto prestigio sociale. Le analisi antropologiche fisiche fanno ritenere che l’accesso alla necropoli fosse riservato a maschi giovani e adulti, nella forbice tra 15 e 30 anni.

Il ritrovamento. Nelle sepolture indagate da Zucca e Rubino sono stati trovati frammenti di ossa e raramente dei crani. Quello sottoposto a studio per la ricostruzione del viso è un pezzo raro se non unico. Le ricerche di tipo bioarcheologico coordinato dai professori Salvatore Rubino e Vittorio Mazzarello del dipartimento di Scienze biomediche hanno consentito di acquisire molte informazione sul nostro eroe: da una patologia dentale alle caratteristiche fisiche dell’individuo. «Certamente forte – dice Salvatore Rubino – a causa di una intensa attività fisica: uno sportivo o un semlplice zappatore?».

Un luogo di eroi. Gli studiosi ritengono che il sito, date le sue caratteristiche, potrebbe essere un luogo di culto degli eroi. Ma molte sono ancora le domande che attendono una risposta certa. Nella conferenza di domani a Stintino verranno valutate le ipotesi più probabili per capire che cosa sia stata quella necropoli e come le popolazioni che l'hanno creata si sono rapportate con altri popoli che hanno invaso l’isola in quel periodo. Certo è che lo studio del cranio potrà fornire buone piste di indagine. Il cranio, informano Rubino e Zucca, è stato sottoposto a Tac e a ricostruzione tridimensionale presso l’Istituto di radiologia dell’Università di Sassari, grazie al professor Gianni Meloni. Le immagini, infine, sono state rielaborate nel laboratorio di antropologia coordinato da Vittorio Mazzarello, grazie alla collaborazione della dottoressa Manuela Uras con il Face Lab della John Moores University di Liverpool.

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