La Nuova Sardegna

L’eros per Paolo Fresu è il bisogno di pace

di Walter Porcedda
L’eros per Paolo Fresu è il bisogno di pace

Stasera a Rocce Rosse il trio con Sosa e Morelenbaum

29 luglio 2016
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CARDEDU. L’Eros secondo Paolo Fresu. Questo sentimento universale è il movente dell’ultimo album del trombettista pubblicato per Tuk e inciso con il pianista cubano Omar Sosa e il violoncellista brasiliano Jacques Morelenbaum, oggetto del tour che oggi alle 21 è ospitato dal festival Rocce Rosse nel villaggio musicale di Marina di Cardedu. «Il disco e il concerto raccontano la nostra idea dell’Eros – spiega il musicista di Berchidda – le melodie e i suoni che ci hanno ispirato. L’eros è un concetto nobile: non è di una ideologia o religione ma è dell’uomo. Il concerto ha una prima parte erotica e termina con un omaggio alla poetessa greca Saffo. E’ un excursus filosofico che si traduce in musica. Un tema apprezzato dal pubblico perchè è allo stesso tempo antico e contemporaneo».

Parlare dell’amore in un momento triste per l’attualità, con il suo carico di odio e di violenza, sembra un invito alla convivenza?

«Certo che lo è. Il nostro concerto ha una dimensione popolare e va incontro al bisogno di pace, ne racconta il desiderio. E la musica è un formidabile aiuto per provarci. L’eros ha molto in comune con la scoperta dell’altro, non appartiene ad alcuna geografia ma all’uomo: a quello del passato come dei giorni nostri e del futuro».

E Paolo Fresu, musicista diviso tra Italia e Francia, oggi teatro di terrore e drammi come quello del Bataclan a due passi da casa sua, Nizza e Rouen, come vive questo tempo?

«Molto male. Quando abiti in un Paese di cui conosci pregi e difetti anche di più. Anche se la strategia del terrore è stata comunque messa in atto per colpire tutto l’Occidente. Parigi l’ho vista cambiare in questi anni, e non sempre in meglio. Rispetto al passato nel tempo si è assai rinchiusa su di sé come se fosse in angosciosa attesa di quanto poi è accaduto. Tutto in Francia passa per Parigi a differenza dell’Italia dove c’è una realtà molto articolata e differente: è il cuore di questo grande Paese. Quello che molti musicisti oggi sentono in questa città è una enorme tristezza, uno stato di angoscia che si tocca per mano e si vive quotidianamente. E questo accade nonostante ci sia pure una diffusa voglia di reagire. Un momento davvero difficile».

Tornando all’album, dopo il precedente “Alma” l’incontro a due, tra Caraibi e Mediterraneo con Omar Sosa è diventato a tre con l’arrivo in pianta stabile di Jacques Morelembaum?

«Già in “Alma” Morelenbaum fu l’unico ospite del disco. Quando siamo ripartiti ripetere l’incontro volevamo avere con noi Jacques, un quartetto d’archi e una voce femminile perché nel nostro immaginario era fondamentale come elemento erotico. E volevamo che questa provenisse da un ambito latino, così abbiamo incontrato Natasha Atlas, ma il violoncello di Morelenbaum è come fosse quella voce femminile che si insinua e avvolge tutto il concerto».

Natasha Atlas propone un’originale cover,“Teardrop”, dei Massive Attack dove anche la tromba di Fresu trova inedite soluzioni, tra elettronica e sound mediterraneo, quasi un battistrada per il futuro?

«E’ così in effetti. E “Teardrop” racconta bene lo spirito del disco. C’è dietro una base elettronica molto ben costruita, il tema eseguito dalla tromba e la voce di donna che sembra andare indietro nel tempo. Il brano è anche oggetto di un videoclip interpretato dall’attrice sarda Astrid Meloni, vera novità per un pezzo jazz che viene filmato come fosse pop. Quindi in “Teardrop” c’è da una parte voglia di andare verso suoni nuovi, dall’altra, vedi la voce di Natasha, farci conquistare da qualcosa di ancestrale».

E infine, altra sorpresa, “What Lies Ahead”, inedito di Peter Gabriel scritto con il figlio. Possibili collaborazioni future?

«Perchè no? Tra noi esiste già un corposo rapporto epistolare sin da quando avevo pensato a lui per il concerto di Cagliari a cui non potè partecipare. Siamo rimasti in contatto. L’idea di incidere il suo pezzo nasce dall’ultima tournèe europea della popstar. Mia moglie Sonia andò ad ascoltarlo a Bologna e dopo il concerto prese il disco del live. Ascoltai così questa canzone che Gabriel eseguiva in solitario al pianoforte. L’abbiamo registrato e spedito a Gabriel affinchè lo ascoltasse. E lui approvò dicendosi felice che il suo brano potesse finire nel nostro album».

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