La Nuova Sardegna

L’avvocato antifascista amico della Deledda

di Gianna Zazzara
L’avvocato antifascista amico della Deledda

Antonio Rojch racconta in un film la vita di Gonario Pinna

28 luglio 2016
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NUORO. La scena si svolge nello studio romano allestito nella casa di Grazia Deledda, nel rione Santu Pedru. Sembra di essere nella Roma degli anni ’20 e invece siamo a Nuoro, in una giornata calda e afosa. È il primo ciak de “Il criminologo”, il film scritto e diretto dal giornalista-documentarista Antonio Rojch, che racconta in modo commovente la vita di uno dei più celebrati avvocati barbaricini, Gonario Pinna. «Una figura di spicco della società nuorese del Novecento, figlio di Giovanni, deputato socialista, e grande amico di Grazia Deledda», ricorda il regista.

Ieri, nel museo deleddiano, è stata girata la scena madre del film: l’incontro a Roma tra Gonario Pinna e la sua amica Grazia Deledda, interpretata magistralmente da Barbara De Rossi, in abiti e acconciatura d’epoca. «Dare il mio volto e il mio cuore a una donna così determinata è un onore – confessa l’attrice – Ho letto i suoi romanzi durante il liceo e l’ho subito amata per la sua capacità di raccontare, anche in modo spietato, la sua terra e la società del suo tempo. Raccontava storie vere, senza finzione, e per questo non è stata mai amata dai benpensanti del luogo. Una donna forte, proprio come me, che già allora aveva ben chiaro quale dovesse essere il ruolo della donna all’interno della società». Una femminista ante litteram alla quale Gonario Pinna si rivolge per chiederle cosa fare della sua vita. È il 1922, Gonario Pinna ha 24 anni e – dopo la laurea in giurisprudenza e gli studi in sociologia criminale al Criminalische Institute di Berlino – ha appena concluso a Roma il suo apprendistato di giovane avvocato, nello studio penalistico di Enrico Ferri. Gonario è ancora indeciso sul suo futuro: restare a Roma o tornare a Nuoro? «Torna a Nuoro – lo incita la Deledda – Il tuo futuro è nella tua terra». Gonario segue il consiglio dell’amica e ritorna a Nuoro dove inizia a esercitare la professione, nel 1923. Il suo esordio è un caso di omicidio: un pastore di Galtellì aveva avvelenato la fidanzata per sposare un’altra donna che amava e con la quale conviveva. In poco tempo Gonario Pinna non solo diventa un penalista famosissimo (“da Pinna, su primu de Sardinna”), ma si fa anche interprete della Barbagia e dei suoi mutamenti, come testimoniano le sue opere: “Criminalità in Sardegna”, Memorie di un penalista sardo”, “Analfabetismo e delinquenza in Sardegna”.

Antifascista, e per questo controllato dal regime, aderisce nel dopoguerra prima al Partito Sardo d’Azione e poi, dal 1955, aL Partito socialista, di cui sarà deputato dal 1958 al 1963. «È da anni che desideravo girare un film sulla figura di Pinna – racconta il regista – Uno degli intellettuali più rappresentativi dell’Atene Sarda insieme a Grazia Deledda, Salvatore e Sebastiano Satta ».

Una vera e propria passione quella di Rojch per il penalista nuorese: nel 2005 il giornalista ha pubblicato il libro “Gonario Pinna, ritratto di un principe”. «Ora, grazie al sostegno della Fondazione Banco di Sardegna, è arrivata la produzione cinematografica, la realizzazione di un sogno».

Il racconto parte dall’omicio di Giuseppe Pinna, il padre di Gonario, anche lui avvocato (ma civilista) e anche lui deputato socialista, sindaco di Nuoro, assassinato nel 1908, proprio a Nuoro, da un cliente che non era rimasto soddisfatto dell’esito della causa. Anche per questo, per il dolore della morte violenta del padre, Gonario aveva scelto di fare solo e soltanto il penalista, per 53 anni. «Non ho mai fatto una causa civile», ripeteva agli amici.

Poi la scena si sposta sulla vita e sull’impegno civile di Gonario, interpretato da ragazzo da Maurizio Pulina e, da anziano, da Liborio Vacca. Sul set, nelle vesti del tipografo della casa editrice milanese Treves, anche l’attore Francesco Branchetti, noto al grande pubblico per la serie televisiva Elisa di Rivombrosa. «Fanno parte della squadra anche una trentina di attori sardi, delle compagnie teatrali di Nuoro, Oliena, Orgosolo e Ovodda», aggiunge Rojch mentre sul set – blindato – dirige la scena clou del dialogo tra Grazia Deledda e Gonario Pinna, allora ventenne. Era solo un ragazzo ma alle spalle aveva già un’esperienza dura. Aveva partecipato volontario alla prima guerra mondiale e aveva subito un periodo di prigionia nel campo di concentramento ungherese di Sopronyeck. «Dal dialogo con Gonario traspare l’amore che la Deledda aveva per la sua città – racconta Barbara de Rossi – Un amore non ricambiato che la scrittrice ha sempre vissuto come una ferita».

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